PLAMPINET
MON AMOURPerché i vostri 300 non
siano un Hiroshima personale.
Gérard Brunet
La parte descrittiva dei percorsi si basa sulle carte Michelin al 200 mila.
Riferendovene, vi faciliterà la lettura.
INTRODUZIONEQuesto libro ha lo scopo di colmare un vuoto tra un trattato teorico il più delle volte troppo tecnico e freddo, ed una tradizione orale che si trasmette per frammenti negli abitacoli dei biposti, in pista o al bar, dove non sempre rappresenta un approccio facile.
Di là dall'apparenza iniziale, tipo Luna Park, il volo in aliante è una esperienza intima di un profondo valore. Coloro che lo praticano a livello di alta performance devono attingere molto profondamente in loro stessi le risorse che permettono di ottenere le soddisfazioni che ricercano. Loro solo ne conoscono il costo, che un naturale pudore li induce a tenere segreto.
Il volo in montagna inasprisce il fenomeno. Volare in pianura è un'arte tutta d'intelligenza, dove prevalgono le capacità di calcolo, in un ambiente atmosferico spesso sottile ma mai minaccioso. In montagna, per prima cosa ci si sente piccoli e fragili, messi a confronto con dei fenomeni atmosferici ed una orografia che appare smisurata, a volte ostile. C'è da lottare con l'aria.
Al posto del tranquillo volo di pianura subentra una vera battaglia, a volte anche a partire dal traino quando si presenta il Mistral. Tale da intimidire i meno esperti, o chi arriva da fuori.
Sicuramente un lavoro di ricerca ed esplorazione, che dopo diverse generazioni di volovelisti, ha consentito, oggi di rendere più sicuro il volo in montagna razionalizzandone l'approccio.
Ma questo processo storico non esonera il principiante da un percorso individuale del tutto simile, con le sue gioie e sofferenze. Vorrei che queste pagine rappresentino per lui un messaggio di benvenuto.
CHAPITOLO 1
PERCHE' ? PER COSA ?
Perché Plampinet ? La posizione geografica lo colloca a 154 km da Fayence, che ne fa la meta ideale per i 300 km. Certamente, ma il più banale dei compassi vi indicherà dozzine di luoghi rispondenti a questo criterio.
Ma Plampinet è stato allo scopo scelto per altre ragioni. Si trova ai confini Nord Est delle Alpes du Sud: subito dopo, a Nord c'è la Maurienne, l'Italia è a Est : altre masse d'aria, altro bacino meteorologico, altro tipo di percorso volovelistico. Ad Ovest, al di là del Galibier e del Lautaret, vi è un identico problema di tipo atmosferico, aggravato da un suolo poco adatto ad un fuori campo, prima di Grenoble.
Poiché Plampinet è sicuro: con plafond normali tra i 3.000 ed 3.500, si è in planata su St Crépin, e se tutto va storto, rimangono i campi segnalati di Rosier, St Blaise, perfino di Casset se si è fuori rotta, e tutto ciò nel raggio da 15 a 20 km.
Da Fayence, ma anche da altri campi delle Alpes du Sud, il tragitto verso Plampinet è bene fornito di aeroporti e campi: altra sicurezza.
E poi Plampinet svolge perfettamente il suo ruolo pedagogico d'insegnamento del volo in montagna: raggiungendo, con dei percorsi "progressivamente in salita", cime superiori ai 3000 m, di vera montagna brulla cui sovente si è in contatto, poiché è raro in tutto un volo arrivare come in pianura incollati ai baffetti dei cumuli, lontani dai rilievi.
Questi argomenti si inseriscono appunto in un campo pedagogico, indirizzandosi in particolare ai volovelisti esperti ma con poca familiarità delle Alpes du Sud, così che possano arrivare al punto di progettare i loro "primi 300". Quando i 50 km sono diventati 100, il salto tra Argens e Plampinet è importante, dal momento che i progressi dell'aspirante sono meno seguiti dalla struttura. E' necessario lasciargli il tempo perché giustamente benefici delle tappe successive, volando alianti performanti, e cominci ad essere considerato un pilota affidabile.
Il salto è importante per due motivi: sia per la durata del volo di almeno di 4 o 5 ore, di cui una buona parte al di sopra dei 3000 m, che accrescono sensibilmente la fatica, sia alle condizioni di volo, che portano il pilota ad adattarsi ad un ambiente che non è a lui famigliare, un lungo periodo con un carico di lavoro e di stress latente o manifesto, sensibilmente superiore ai suoi parametri naturali. Anche se è già abituato a dei percorsi su Barcelonnette o l'Adroit de Pontis, la distanza rimane netta.
Il volo preliminare in biposto è indispensabile, ma dà una falsa impressione di facilità: le performance dello Janus o dell'ASH si sommano con quelle dell'istruttore per raggiungere lo scopo, ma ingannevole per ciò che concerne la maggior parte delle specificità del volo da solisti e la gestione irrimediabilmente solitaria di questa condizione.
Tuttavia si può andare a Plampinet, ed è anche possibile ritornare. Fa sì che questi 300 km sono in un qualche modo il passaggio alla condizione adulta del volovelista, confermando la capacità ad utilizzare in modo adeguato il suo aliante, a fargli fare questo perché ne è capace.
I progressi tecnici hanno reso obsoleti i brevetti " A ", " B ", e " C ". Il " D " diviene una formalità, l' " E " diventa, di colpo, il primo brevetto significativo. Raggiungerlo non deve essere un fine, ma al contrario il vostro vero esordio.
CAPITOLO II
UN PO DI TEORIA
Rassicuratevi, lontana da me l'idea di riservarvi un corso di meteorologia o di volo in cross-country. L'essenziale si trova nel libro di scuola di volo a vela, " Streckensegelflug" di Reichmann, e particolarmente nei fascicoli di St Auban, " Bases théoriques du vol sur la campagne ", indispensabile e chiaro, completo e moderno pur tuttavia conciso.
Ma tutto ciò non tratta che una parte del problema, di ciò che fa volare un aliante. Del resto quando si fa un'analisi della letteratura su di un soggetto, si notano sempre le medesime carenze: manca sempre uno strumento di bordo essenziale, per intenderci la testa del pilota. Si descrive in dettaglio il funzionamento di un anemometro o di un vario, e mai quello del cervello del pilota. Errore, poiché si può trarre un insegnamento da questo studio, non del pilota nel suo insieme, ma da questa parte di lui stesso che si trova "integrata" nell'azione del pilotare.
In pratica due aspetti di questo funzionamento sono pertinenti con il quadro della preparazione ai 300: la gestione dello stress e la lettura del cielo.La gestione dello stress
Fate una esperienza : portate in un volo di iniziazione un amico o uno sconosciuto, una volta in aria, simulate un malessere mettendo il passeggero nella necessità di condurre l'aliante. Secondo il vostro grado di credibilità, o di perversità, più o meno rapidamente il malcapitato si troverà sopraffatto da una angoscia crescente : riprendete i comandi prima che a lui venga l'idea di lanciarsi. Ora, ponetevi la domanda : perché voi non saltate dall'aliante in volo ? In fondo, avete le stesse percezioni di un novizio, qualunque sia la vostra capacità, le sensazioni di volo sono le medesime, quindi perché si è normali quando lui è sconvolto?
Per due ragioni: voi conoscete le basi teoriche del volo, e soprattutto avete imparato a pilotare. Certo, ma in che modo ciò viene recepito al livello del vostro strumento-cervello ? E' quello che è interessante sapere.
Il cervello può essere schematicamente scomposto in corteccia e sotto-corteccia. La corteccia è, dicono, la sede dell'intelligenza, il sotto-corteccia è la zona delle sensazioni e delle emozioni.
Queste due strutture, anatomicamente ben differenziate, sono in situazione di dialogo permanete, in modo tale che la corteccia ha globalmente una azione inibitrice, possiamo dire " calmante ", sulla sotto-corteccia.
Ciò poiché la sotto-corteccia bombarda continuamente d'informazioni sensoriali e di segnali d'allerta, la corteccia che deve costantemente elaborarli in tempo reale. Sottolineiamo che si tratta di un meccanismo fondamentale, permanente, del cervello sul quale la volontà cosciente non ha alcuna presa : solo l'allenamento può modulare il fenomeno, ma senza mai arrestarlo, ugualmente durante il sonno.
In una situazione normale, per esempio, in un flusso d'informazioni in equilibrio, la posizione di ogni articolazione, alluce compreso, è millimetrica, la tensione di ogni muscolo, risale alla corteccia che comanda i movimenti in modo appropriato di ciascun organo coinvolto. Tutto questo è filtrato dalla sotto-corteccia che reagisce in caso di problemi, se incorre per esempio, sotto forma di un segnale di ansietà, o doloroso.
La corteccia mirante a ristabilire l'equilibrio, se possibile va ad inibire questo segnale, o in difetto per sviluppare una strategia di adattamento: segnalando se si è caduti, l'entità di eventuali ferite, apprestandosi al caso, ad un gesto di spazzolatura dei pantaloni, od invece di invocazione di aiuto se la lesione è grave.Tutto questo successo in pochi attimi, l'avrà percepito l'uomo della strada ? Uno choc, un leggero smarrimento, ed un corto monologo del tipo " c'est rien " o " accidenti che pacca! ".
Queste brevi frasi, che noi diciamo d'istinto in simili circostanze e talvolta a voce alta, sono essenziali per l'analisi e la comprensione di questo fenomeno di controllo delle strutture corticali e degli impulsi sub giacenti. Poiché sovente, è impossibile avere al segnale di allerta una risposta automatica, immediata ed inconscia: non resta che l'elaborazione di una strategia, la produzione di una risposta ragionata, ma che ha un effetto differito e progressivo per sedare gli stimoli istintivi. E queste piccole frasi ne sono la sola traccia cosciente, testimoni di un processo corticale più complesso.
Torniamo al nostro pilota.
E' in volo sottoposto a delle sensazioni sensoriali non abituali: proiettato in 3 dimensioni, sui tre assi, sottoposto a dei " G " variabili, tutti fattori indubbiamente inquietanti. Trova il suo conforto in due meccanismi di origine puramente corticale: la consapevolezza di essere in volo, dunque sottoposto a delle leggi fisiche particolari, ma dimostranti che è in tutta sicurezza, e l'allenamento al pilotaggio che lo fa automaticamente reagire in modo da restare nei parametri di queste stesse leggi fisiche, vale a dire nel controllo del volo dell'aliante utilizzato.
Supponiamo un problema, per esempio una entrata in vite : gli stimoli sensoriali perdono la loro coerenza, l'aliante si comporta brutalmente, spunta una breve ansietà, è il segnale d'allerta sub corticale. Una risposta corticale razionale è la sola possibile, e del tipo: " sono in vite, non è grave, barra in avanti, piede esterno, così esco senza problemi". Poiché una risposta, puramente istintiva, che consisterebbe nel tirare la barra per far risalire il muso verso un assetto normale, è sicuramente votata all'insuccesso.
Questa attitudine che possiede la corteccia celebrale, di elaborare le " invasioni " emozionali sub corticali con la formazione di una risposta ragionata, o razionale, il termine tecnico corretto essendo "simbolico ", è la chiave, il cui controllo è la gestione dello stress.
Nel mondo animale, solamente delle immagini o dei comportamenti memorizzati possono manifestarsi. Questo è il condizionamento di Pavlov.
L'uomo possiede, in più, un modo più ricco e performante, la parola, il linguaggio.
Un ultimo esempio: un punto basso. Avete mancato l'ultima termica, o vi ha tradito, e vi ritrovate sotto la quota normale verso il campo od il punto di virata. Il suolo si avvicina, la situazione resta negativa, con percezioni inquietanti che fanno salire l'adrenalina. Qui, non è possibile nessuna risposta puramente dinamica o istintuale, siete in una situazione ottimale per dimostrare che la vostra corteccia non può esercitare la sua azione sedativa se non in via simbolica: dovete inventarvi una "storia rassicurante", allo scopo di effettuare serenamente le azioni miranti a recuperare il corso normale del volo, storia rassicurante cui terrete fede se possibilmente il ricordo è di situazioni simili superate senza problemi.
Questa storia rassicurante è di breve durata: " sono in efficienza su questo e su quest'altro campo, dunque non rischio niente (se questo non è il caso in cui avete fatto un grosso errore precedentemente!), è ancora presto, ed ho abbastanza quota per esplorare la zona alla ricerca di una buona termica".
E' tutto quello che potrebbe dirvi un istruttore nelle stesse circostanze durante un volo sul biposto. Questa semplice frase vi fa passare in un baleno da una situazione imprevista, potenzialmente ostile, ad un'altra più famigliare, senza pericoli, che potete gestire tranquillamente.
Quale fine per questa lunga esposizione sullo stress? Perché lo stress, fattore umano è altrettanto determinante in volo quanto la velocità media o l'efficienza dell'aliante. E' un parametro che deve essere considerato come un fenomeno tecnico e gestito come tale.
La gestione sta nel mantenere un livello ottimale tra il troppo ed il troppo poco.
Troppo poco stress porta a prendere rischi inutili o pericolosi, per eccesso di fiducia, in un fuori campo stupido, o peggio, fare il plafond al Teillon ed affondare verso nord alla VNE verso qualche cumulo, per finire per atterrare a La Mure.
Non ridete questo è già successo.
Troppo stress non è meglio: un volo teoricamente semplice può divenire un calvario, prendere una decisione diviene penoso, essere timorosi degrada la performance globale dell'insieme uomo-macchina. Al limite la situazione diviene realmente delicata, il pilotaggio stesso si degrada sino al pericolo, alla confusione dei comandi. Parecchi crash, nella loro fase terminale almeno, non possono avere avuto che una sorte di offuscamento della coscienza del pilota, letteralmente annegato nella propria adrenalina. Si deve altresì tener conto che lo stress aumenta molto sensibilmente il dispendio di energie: induce una iper attenzione corticale, una iper vigilanza, una elevazione del ritmo cardiaco, della pressione arteriosa, del tono muscolare, tutti fattori che assorbono parecchie calorie ed aumentano infine l'affaticamento.
Conviene quindi lavorare questa gestione dello stress, ed è necessario tener conto dei dati teorici, che portano ad ottimizzare le performance corticali sul controllo " del cervello emotivo " sotto corticale.
L'allenamento e l'ottimizzazione del pilotaggio fanno migliorare le risposte automatiche, per una azione quasi preventiva per le emergenze sub corticali.
L'esperienza in volo di distanza va ad alimentare lo stock mnemonico dei dati positivi a disposizione della corteccia per reagire a situazioni e problemi.
La teoria, la cultura aeronautica, favoriscono l'azione corticale fornendo degli attrezzi concettuali che permettono l'elaborazione di " storie rassicuranti ". Leggete, parlate con i piloti più anziani, con gli istruttori, allenatevi a trovare delle risposte ai problemi che vi si possono presentare dopo il decollo.
Infine, su di un piano molto personale, ricercate le situazioni che vi stressano particolarmente: il volo di pendio? Il fuori campo ? E sforzatevi a terra ed in volo per aumentare la vostra disinvoltura.Siate all'ascolto di voi stessi: durante un volo, locale o di distanza, identificate le fasi dove vi sentite meno a vostro agio, dove sentite aumentare l'adrenalina, ed esaminate tutti i particolari. Non esitate a parlarne se avete dei dubbi: si potrebbero chiarire. Per esempio, un pilota aveva dei problemi a trovare le ascendenze, imbarazzante per progredire nei voli di distanza. Aprendosi ad un collega, dopo un volo, l'altro gli domandò: " quanti uccelli hai visto oggi? " " non so, non ho fatto caso"
L'amico aveva messo il dito sulla piaga: " vedi, non guardi abbastanza fuori, è il perché tu non trovi le ascendenze, guarda fuori, vedrai gli uccelli e le correnti ascensionali".
Resta da delineare un ultimo problema: come valutare i risultati dei vostri allenamenti? Su quali criteri valutare i progressi? Poiché contrariamente ad un luogo comune, volare anche molto non è sufficiente: è perfettamente possibile volare centinaia di ore in maniera mediocre, soprattutto nelle nostre situazioni meteorologiche a grande energia.
Due parametri consentono di misurare i vostri progressi:
-Le performance, nei differenti settori del volo.
- La capacità di volo in un settore determinato.
Per le performance, si possono fare dei paragoni, sia con altri alianti pilotati da amici di cui conoscete il livello, o volando con qualcuno in biposto
.
I voli locali invernali sono adatti per questi confronti, l'obbiettivo è semplice: se voi salite altrettanto bene nella stessa ascendenza di un pilota conosciuto come valido, a rigor di logica siete altrettanto bravo.
A priori solamente, poiché l'esperienza interviene: se avete la sensazione di una estrema difficoltà, se siete particolarmente stressati per ottenere questi risultati, allora dovete ancora lavorare, poiché non sarete in grado di mantenere questo livello per parecchie ore.
Ciò sembra volgare, ma è essenziale: l'allenamento non porta a fare puntualmente una performance, ma a mantenere agevolmente un buon livello. E' per questa ragione che è fondamentale, per conseguirlo, collegare in assoluto performance ed esperienza.
Abbiamo preso come esempio una salita in termica, ma altre fasi del volo sono altrettanto importanti:
- le planate ed i percorsi.
- la ricerca delle termiche.
- il volo a bassa quota, l'aggancio ed il volo di pendio.
Si può notare che può essere buono da una parte, e niente dall'altra, dato che i requisiti necessari sono molteplici: in certi casi aiuta un pilotaggio pulito, in altri le sensazioni trasmessa dalla massa d'aria, o la comprensione di un variometro, e della sua inerzia.
Il volo a bassa quota merita un rapporto particolare dato che assorbe molte energie mentali: la gestione dello stress deve essere ottimale, per le due ragioni spiegate nelle nozioni teoriche viste sopra.
- Gli stimoli sensoriali sono di molto aumentati per la sola ragione di una velocità di trasferimento percepita al massimo: volare a 100 km/h a 5000 m sembrerà di essere quasi fermi, non è così alla stessa velocità nel volo di pendio. Questo può essere complicato da un volo in turbolenza e dalla percezione visiva di discendenza: la corteccia viene bombardata da segnali di allerta.
- La vicinanza col suolo aumenta il lavoro corticale con la sensazione di una iper vigilanza, alla ricerca di un disimpegno di sicurezza cui si aggiunge il mantenimento della quota portandosi alla ricerca veloce delle zone ascendenti, con pochi secondi a disposizione in caso di fiasco. Questo lavoro corticale è l'elaborazione della " storia rassicurante ".
Stimoli multipli sulla corteccia già impegnata: dove le risposte inibitrici sono più difficili da realizzare, col rischio di una elevazione eccessiva dello stress. Parecchi fuori campo evitabili, trovano la loro origine: con il pilota che per eccesso di tensione degrada il suo pilotaggio, sale male e finisce per "infognarsi" sempre più sino a dovere atterrare, o affaticato getta la spugna. Una sola risposta al problema: rimanere intorno al campo e volare bassi, sul costone, sul Malay (attaccato a 1200 per favore), su Valferrière (attaccato sopra la cresta). Farlo e rifarlo sino ad ottenere due risultati: una risalita rapida con una discreta sicurezza.
CAPITOLO IIILa lettura del cielo
Domanda: " cosa tieni in mano? "
Risposta: " Un libro! " (i locali rispondono nello stesso modo " un libro, cong ! ")
Esatto. Sei in gamba. " E che cosa c'è in questo libro? "
Risposta : " dei suggerimenti sul volo a vela " (fantastico " le elucubrazioni del bravo Dr BRUNET").
Errore, caro amico, errore : In questo libro, non c'è che inchiostro, della carta ed un po' di colla. Le regole sul volo a vela, secondo la mia opinione, non sono in questo libro, ma nella vostra testa dopo essere state nella mia.
Perché mi avete dato una risposta sbagliata: ma perché sapete leggere, e leggere è magico. Vedete piuttosto : poiché sapete leggere, l'inchiostro, su queste pagine si organizza in macchie, che si organizzano in lettere, poi in parole, poi in frasi che per voi prendono un senso poi, puff! Tutto sparisce. Si tratta proprio di una sparizione perché la vostra risposta ci mostra che persiste solo il senso.
Certamente, non è altro che un percorso da un modo di percepire all'altro, ma potete misurarne l'importanza in termini di progresso sul piano delle performance celebrali : si passa dalla costante della presenza di due o tre cose (L'inchiostro, la carta, la colla) alla percezione di tutto un pensiero.
Questo salto percettivo, e la nostra attitudine a compierlo, possono aiutarci a volare, giacché abbiamo appreso il processo mentale che consiste nel dare un senso a dei semplici oggetti.
In volo, l'osservazione del cielo può essere considerata come una forma parziale di lettura, che può essere ottimizzata.
Si parte in generale da una lettura primitiva, che consiste nel vedere un " cumulo " che è composto di vapore acqueo condensato. Dove se ne deduce la presenza probabile di una ascendenza, che è precisamente l'informazione che ci interessa, il vero senso del cumulo per il volovelista.
L'equivalente di ciò, in termini di lettura di un testo, sarà la percezione di un ammasso di lettere, seguito dalla identificazione di una parola, ed infine la comprensione di questa parola.
E' tutto questo quello che fa un bambino alle scuole elementari.
Ottimizzare la lettura del cielo consiste nel funzionare secondo uno schema di lettura adulta, che si muove all'inverso dello schema primitivo della lettura infantile.
Il modo di lettura adulto, parte da una visione globale della pagina - che espone ciò che c'è da leggere - per attivare un processo di analisi automatico dove il risultato va ad essere l'esplosione del senso, essendo quindi immediatamente riconoscibili (i nomi ed i verbi) e più in dettaglio (soggetti, articoli, avverbi). Questo è il punto chiave della lettura: solo la visione globale può innescare il processo automatico di lettura, se ci si focalizza solo sulla parola, si è condannati a sillabare.
In questo piccolo esempio, "Il mio aliante vola bene ", cogliamo d'amblé che si tratta di un aliante che vola, percezione immediatamente affinata, precisata, dalle parole " Mio " e " bene " per ottenere il senso della frase. Non si sillaba più come un bambino " il mio ...aliante...vola...bene ".
Si tratta, essenzialmente, di uno sfruttamento migliore del tempo. Fate lo stesso in volo: arrivati in cima ad una termica, invece di dirigervi semplicemente sul prossimo cumulo a portata, un occhio sull'anemometro, l'altro sull'anello di MacCready (siete un bravo allievo, mai attraversate in I.F.R....), considerate il cielo davanti a voi nel suo insieme, al limite della visibilità, e percepite la globalità degli elementi osservabili. Analizzate questo insieme come leggete questa frase : vi apparirà allora il modo in cui questa parte della massa d'aria è organizzata dal punto di vista meteorologico, e vi racconterà una storia, quella del vostro volo nella mezz'ora a venire. A questo punto, tutto dovrà "sparire ", i cumuli, gli uccelli, gli altri alianti in vista, per non farvi " vedere " che delle informazioni del tipo: Vz 4m/s 1 h, per 3km, plafond 4000 " Ed è precisamente questo che voi ricercate, no?
Potrete così costatare che il cumulo più vicino non è necessariamente il più favorevole, ma soprattutto potrete costruire una strategia di volo, un percorso ottimizzato, in anticipo per di più per gestire i tempi di eventuali correzioni, potrete veramente prevedere.
Quale è l'affidabilità di questo tipo di lettura?
In termini di efficacia d'osservazione, è assoluta: avere una visione d'insieme prima di analizzare i dettagli è ottimale, d'altronde l'occhio è strutturato per funzionare in questo modo, che comprende la visione periferica, utilizzando tutta la retina. Possiamo costatare che il processo di lettura, funzionante su questo medesimo principio, aumenta considerevolmente la velocità di analisi del cervello.
In termini di affidabilità d'osservazione, si può essere altrettanto perentori, poiché la qualità dell'osservatore entra in gioco: le conoscenze teoriche e le esperienze sono variabili da individuo ad individuo ed influenzano la validità delle previsioni. Ma si può ammettere che, per un valido osservatore, " la storia del volo a venire " si rivelerà praticamente esatta.
E' sufficiente volare in biposto con un "big" per convincersene : verificherete in più il lato ergonomico della cosa, il " big " vola in un modo che da una grande impressione di facilità, disinvoltura, fluidità : man mano che si svolge il volo, " riposa " dove gli altri annaspano.
Questo pone d'altronde un problema pedagogico : questo è estremamente difficile da insegnare in volo, per la stessa ragione che è molto difficile commentare ad un terzo, un libro man mano che lo si legge, prima o poi si perderà il filo. E perdere il filo in volo, neanche ad un big può piacere...
Potete tuttavia allenarvi a sviluppare la vostra propria lettura del cielo, poiché si è visto che l'essenziale del processo è automatico, sforzando eventualmente la volontà, tenendo sotto controllo gli strumenti e gli scopi: gli strumenti sono le stesse osservazioni, la scelta cosciente d'osservare l'insieme del cielo piuttosto che focalizzarsi su questo o quell'altro indizio particolare come una nuvola od un uccello in spirale. Si deve, certo, guardare fuori, lontano, e lasciare spaziare lo sguardo su di un ampio raggio, sino a quando i differenti dettagli si insinuano sino alla vostra coscienza e si organizzano per prendere un senso.
Potete d'altronde fare la stessa cosa a terra, in passeggiata, od alla finestra.
In volo, certamente, verificate l'affidabilità delle vostre osservazioni: immaginatevi, per esempio, un percorso Pente-Sud - Valferrière e fate il confronto tra la situazione reale e quella stimata. Non dimenticate, naturalmente di prendere in considerazione il vento e certi elementi al suolo, particolarmente il rilievo !
Il volo a vela si basa su delle leggi fisiche ampiamente dimostrate, se la vostra analisi è giusta, ed ha tenuto conto di tutti i parametri, non c'è alcuna ragione perché la realtà differisca dalle vostre aspettative. E' certo che la lettura è affidabile.
Il punto di questo aspetto del vostro allenamento è semplice : come in una vera lettura, ci fa vedere l'invisibile. Se leggete un testo che parla di elefanti. Voi " vedete " gli elefanti senza che siano realmente presenti. Se l'autore è buono, li vedrete spostarsi, sollevare della polvere, sentirete anche il loro odore. Idem per il " testo " meteorologico che vi si offre in volo : dovrà condurvi a "visualizzare" I muoventi invisibili della massa d'aria evoluenti al meglio.
Spero di non avervi troppo sconvolti con queste nozioni di neurofisiologia che potrebbero sorprendere in un contesto volovelistico. Ma in aviazione, si sa che la luce può venire dalla scatola nera....