Estate 2000, un volo a Fayence
Questo è un volo sulle Alpi francesi, dove si pensa che si possano fare solo cose strabilianti, si tende, come è ovvio raccontare di grandi performance, ecco invece la cronaca di come, entrando nell'ottica quotidiana di molti di noi, si può volare in una giornata non proprio tra le migliori, ma per questo molto istruttiva.
Al briefing avevano annunciato condizioni a fasi alterne, una massa d'aria molto umida sugli alti rilievi, plafond basso, possibili stratificazioni, decisamente migliore ad ovest della fascia alpina.
E' la cronaca di un muoversi piuttosto articolato e sinuoso così come lo è il terreno sottostante, si svolge tra Fayence, il Grand Bérard a nord di Barcelonnette e le antenne sulla Montagne de Lure ad ovest di St. Auban, un triangolino di appena 260 chilometri percorso alla modesta media di 83 Km/h, assolutamente insignificante, si direbbe, ma su queste zone le cose sono un po' diverse.
Per capire come ci si può gestire in sicurezza il volo da queste parti, la descrizione è il più possibile dettagliata, allo scopo di dare elementi di valutazione ai piloti che vorranno provare a misurarsi su questi grandiosi scenari. Leggendo, la minuziosità dei particolari descritti, potrebbe risultare noiosa, ma è essenziale per dare un quadro reale di questo volo. Non va scordata questa esperienza anche dal punto di vista emotivo, per l'impegno che ha comportato e per i mutamenti di situazioni vissute, Questa è una relazione scrupolosamente ricostruita dal riesame del tracciato logger.
Ideale per le zone descritte è la carta n. 215 top 250 "Provence Côte d'Azur" della IGN (Institut Geografique National).
Lunedì 7 agosto 2000 Oggi bel volo anche se il plafond non si annunciava eccezionale, la meta doveva essere Plampinet, la classica andata e ritorno di trecento chilometri che normalmente, si inserisce sul logger quando non si ha voglia di fare proprio di più. Si tende a sottostimare la giornata per non doversi impegnare troppo, specialmente con queste meteo non esaltanti, ma spesso può essere appagante fare anche un volo così, con lo scopo di accompagnare un amico in esplorazione, infatti mi segue a ruota con l'ASW20 Umberto Lojacono, che sta facendo i primi voli da queste parti e su queste stesse montagne, dopo qualche giorno è riuscito a chiudere i suoi primi cinquecento.
A Fayence splende un caldo sole, nessuna condensazione, come spesso accade si dovrà uscire in termica secca.
Si decolla poco dopo mezzogiorno. Sgancio alla Pente a 1330 QNH in un buon valore che mi porta subito a 1900, mi guardo in giro, avanti vedo solo alianti razzolare, comunque devo andare, arrivo al Malay sud, ma non guadagno un granché e proseguo sin dopo le Lachens dove arrivo sotto la cima, giro in cerca. In quel momento non c'è niente di attivo, devo ritornare al Malay, risalgo a 1750, riparto questa volta puntando più a est verso Valferriére, anche qui niente. Solo turbolenza, è una pentola che bolle disordinatamente. Sono proprio capitato in un momento in controtendenza. Ritorno ancora indietro sino al Malay nord, ma ora cerco lontano dal costone, finalmente c'è qualcosa di serio, un giro per centrare, ed eccomi in un quasi 1,9 di media, riguadagno i 500 metri che mi consentono di riattaccare le Lachens dove davanti sul costone, finalmente ora, si è staccato un buon 1, 5 m/sec che mi porta a 2250.
Parto deciso prua a nord, finalmente sono fuori, tutta questa polenta è durata qualcosa di più di trentacinque minuti dallo sgancio, qui è quasi una regola, si può fare meglio, ma può anche andare peggio."Uscire" significa trovarsi su di un altopiano di oltre mille metri, quindi è necessario avere un minimo di possibilità di ricerca, se non si vedono alianti spiralare davanti a te in qualche cosa di sicuro, conviene perdere qualche minuto in più a sud del Lachens, altrimenti uscendo "troppo aggressivi" (bassi), diciamo sotto la sommità del Lachens stesso, si hanno buone probabilità, avendo solo cinque o seicento metri sul terreno di atterrare in uno dei campi segnalati come Logis de Pin, Caille ed il Champ de la Chapelle, comportamento classico di uno che per le prime volte vola da queste parti, una magnifica esperienza, ma che ha il risvolto di far perdere la giornata di volo.
Umberto, decollato una decina di minuti dopo di me, per uscire ha impiegato sette, otto minuti di meno, in questa situazione pulsante, ha trovato un momento buono ed il passaggio, tra la Pente, il Malay e la Lachens è stato per lui molto più lineare, ci siamo quindi ritrovati alla stessa quota e nello stesso momento in uscita dal Lachens.
Logis de Pin ora è un migliaio di metri sotto di me alla mia sinistra. In una situazione di questo tipo si vola a piccoli passi, è gioco forza rimanere sopra le cime, i venti sono deboli, sino al Lachens erano da sud est, ora sono ruotati di una novantina di gradi verso ovest, finire bassi sui costoni non pagherebbe più di tanto. Per questo, anche se ancora relativamente alto, non disdegno un buon valore, che mi fa riprendere un 150 metri che mi consente di affrontare il Col de Portes con maggiore tranquillità, dove poi guadagno altri trecento metri.
Salendo ecco, davanti in vista, il blu intenso del lago di Castellane.
Con il flusso da sud-sud ovest, più umido erano iniziate anche le prime condensazioni. Sono ora a base nube a 2650 metri, di più non si può. Molti straccio cumuli in giro, avanzando, presto la copertura raggiunge i cinque, sei ottavi, non è così facile individuare le condensazioni attive.
Proseguo per una rotta energetica, muovendomi ai 150 Km/ora, passo a sinistra della Sommet de la Bernarde, bella montagna di 1941 metri, il terreno continua ad alzarsi e con il plafond di oggi non c'è molto da correre.
Intanto con l'aumentare della quota sempre meno prevale il verde, i rilievi sono più aspri, di un caldo colore sul giallo, caratteristico di queste zone. Anche al Pic de Chamatte 1878 metri, niente. Proseguo sondando sino a dopo la Crête de Serres, sempre sfruttando linee energetiche, sul tracciato logger leggerò poi, in questo tratto, una efficienza di oltre 100, tanto per dire, cosa ovvia quanto sia necessario, specialmente se bassi sul terreno, per evitare infognate, essere attenti dell'orografia sottostante intuendone le brezze e gli effetti del riscaldamento solare.
Dal traverso di St. André les Alpes il vento ora è da sud ovest, sempre flebile. Ecco una bella salita di quasi due metri al secondo, arrivo ad oltre 2700, davanti vedo del buono e diretto vado alla Montagne de Cordoeil 2115 metri.
Siamo tranquilli e praticamente sul campo di Thorame. Si sale un po' dappertutto, ma la ricerca non porta a valori interessanti, è da tenere presente che il plafond è circa trecento metri sulle cime, dove normalmente in questa zona si superano già i tremila. Oggi invece, si sapeva, non è così.
Barcelonnette è ad una trentina di chilometri. Finalmente al Cheval Blanc, dove arrivo un centinaio di metri sopra la cima, trovo un due e sei di media. Il vento ora è da nord. Riparto per un traversone veloce di una quindicina di chilometri in una massa d'aria sufficientemente portante, risalgo poi in un valore accettabile a 2770 metri, proseguo ed ecco che davanti appare la complessa barriera di cime e gole, prospiciente la valle di Barcelonnette. Qui comincia la vera montagna, picchi rocciosi affilati dall'erosione degli agenti atmosferici, quelle stesse eterne forze che noi oggi sfruttiamo per far salire i nostri alianti.
Umberto mi segue in silenzio, ci scambiamo solo le informazioni essenziali, devo tenere conto del muoversi in due e questo non sempre concilia con le rispettive esigenze immediate di volo. Troppo bello qui, ogni volta è la stessa emozione. Entro nell'anfiteatro di Barcelonnette ad ovest sud ovest dell'aeroporto, ora qui lungo la valle prevale la classica intensa brezza da ovest verso est, che spesso in certi punti critici entra in conflitto con il flusso in quota e le ascendenze di conseguenza ne vengono disturbate, prevalgono gli sbuffi.
Eccomi quindi in un'altra salitina, in cerca di un vero valore e di una quota consona a questo fantastico paesaggio, giù lontano a 1132 metri netto si vede l'aeroporto, ma noi vogliamo attraversare e finalmente sulla stazione sciistica de Les Molanès, con una certa sofferenza, un qualche cosa che non vuole salire come Dio comanda, ci porta comunque oltre i 3100 metri.
Si può passare dall'altra parte della valle, poco più di dieci chilometri ci separano dal Grand Bérard bellissima ed imponente montagna di 3048 metri. Due ore dal decollo per arrivare qui, quando normalmente ci si impiega poco più di un'ora. E' ad ogni modo una soddisfazione.
Cosa fare ora? Non vediamo nulla di nuovo verso il Col de Vars e lo stesso più avanti verso la valle di St. Crépin niente ci invita a proseguire, le cime sono dentro, il plafond continua a non essere invitante, in rapporto all'altezza delle montagne è addirittura peggiorato.
Mentre facciamo quota decidendo sul da farsi, incontriamo un Duo Discus, è Andrea Ferrero che era partito molto prima e che abbiamo raggiunto, deve avere sofferto molto più di noi. Gradevole sorpresa questo incontro, ed Andrea non fatica a convincerci a cambiare meta, lasciamo quindi la rotta verso nord.
Assieme ci spostiamo in 25 Km di traversone senza una spirale, perdendo solo 500 m. (efficienza 50) lungo la linea di creste a settentrione della valle in direzione ovest, parzialmente coperte da una strada di condensazioni che comunque tengono, consentendoci di muoverci senza difficoltà per poi attraversare verso la Dormilleuse.
La pianura che ora è in vista, ci appare bellissima, pieghiamo verso sud est sino a raggiungere La Blanche, dove non restiamo volentieri, troppi parapendio, ultraleggeri ed alianti in zona.
Rotta a sud ovest, ora prevale un flusso da sud, ecco fantastico il cielo che sempre sogniamo,
cumuli ben distanziati ed in ogni direzione, basi piatte, valori possenti. Sul lato nord della Crête de Liman trovo un 2,90 m/sec di media, avanziamo a ventaglio in gara a chi trova il valore migliore, ora è molto rilassante volare così.
Direzione St. Auban, che raggiungiamo in un attimo, i valori non sono costanti, ma prevedibili. Proseguiamo sino alle antenne della Montagne della Lure, tutto facile, tutto stupendo... A 2600 ci sentiamo stratosferici.
Si ritorna verso casa ancora con dei cumuli incredibilmente belli che si stagliano netti nel cielo, le termiche sono sempre generose. Forse si scarta un po' troppo. Qui un po' più a sud il vento è tornato da sud ovest. L'ultima termica la facciamo tredici chilometri a nord di Pumoisson.
Entriamo in montagna, con Umberto sempre dietro. Ora le cose sono un po' diverse, prevale una situazione non completamente favorevole, per questo, per rimanere sempre in efficienza su di uno dei champs posables seguo una rotta leggermente più a nord di quella scelta da Andrea che, preferisce la planata ed arriva a Fayence in un batter d'occhio.
A noi invece, manca una termica e con questo eccesso di prudenza, restiamo invischiati in una stratificazione che ci blocca inchiodati sul costone, sopra La Mure, peniamo non poco, ma alla fine riusciamo a sollevarci e rientriamo anche noi a Fayence.
Questa scelta, fatta per evitare un rientro diretto non completamente garantito, in realtà per poco non ci faceva atterrare al campo de La Mure.
In dettaglio, siamo rimasti una trentina di minuti attaccati alla Crête des Serres, avanti ed indietro, una due, tre, quattro volte, con qualche giro sempre in un niente. Solo il leggero flusso da ovest, a fasi alterne ci consentiva di temporeggiare in attesa di vedere o trovare un qualche cosa di plausibile per risalire.
Quando la stratificazione finalmente ha lasciato passare i primi spiragli di sole, ecco in vista l'evidenziarsi di una condensazione con una base che lasciava intuire un qualche cosa di ascendente, consapevole di perdere quota preziosa, ma considerandola in quel momento l'unica scelta valida, decido di spostarmi leggermente a sud ovest sotto questo accenno di cumulo, dove finalmente incontro il primo valore accettabile, lo tengo, riprendo duecento metri, poi vado a centrare, a poca distanza un metro abbondante che con altri settecento metri di salita mi porta in efficienza su casa.
Umberto si era leggermente discostato da me ed anche lui in una qualche maniera era riuscito a rimanere a galla, per poi risalire alla Foux, a dimostrazione che le possibilità sono sempre di più di quelle che in uno primo tempo immaginiamo. Basta crederci.
Pur non rimpiangendo di essermi appoggiato ad un punto sicuro intermedio, la scelta di Andrea, si è dimostrata la migliore, anche se ad onor del vero, è difficile fare un paragone in quanto, nell'ultima parte del volo lui, non volava più a vista con noi e deve essersi trovato in massa d'aria più portante di quanto io ed Umberto non fossimo, di conseguenza Andrea, con quel classico pizzico di quota in più, ha potuto gestire con tutta tranquillità la sua planata finale.
E' facile immaginare quanto, alla sera a cena, non ricordo dove, ma sempre in tanti ed in allegria, si sia discusso sui vari quando, perché e percome.
Giancarlo Bresciani
pubblicato su Volo a Vela n. 265 marzo/aprile 2001