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VOLO IN MONTAGNA

VOLO DI PENDIO, VOLO DI
CRESTA, VOLO DI PARETE

----- di Roger Biagi -----

Il volo di pendio è la più antica forma di volo a vela.

E' stato in un volo di pendio che per la prima volta un aliante in volo ha cessato di scendere ed è riuscito a guadagnare quota al di sopra del suo punto di partenza.E' stato per mezzo di un pendio che un aliante fece la sua prima spirale in una ascendenza di origine convettiva, vale a dire in una "termica".
Volando in montagna in Francia, in Europa od altrove, sempre da allora in ogni bella giornata, i percorsi sono spesso preceduti, completati o seguiti da un riaggancio in volo di pendio o da un trasferimento in volo di cresta.
L'espressione "volo di pendio" si applica allo sfruttamento dell'ascendenza dinamica generata dalla componente verticale di un vento di gradiente o dalla brezza che incontra il pendio montante di un rilievo.
Il valore e il volume dell'ascendenza sono in funzione della velocità del vento e del pendio medio del rilievo lungo la fascia esplorata.
Il criterio principale che un tempo determinava la scelta di una zona destinata al volo di pendio è stato, dopo la frequenza dei venti dominanti, la pendenza media e la regolarità del rilievo.
In montagna è un po' più complicato. Il rilievo stesso, intrinsecamente bene adatto, è molto diversificato. Varia dal limite di "falso piatto", da 10 a 15°, passando alla pendenza naturale dell'ammasso di detriti, intorno ai 58°, sino alla parete verticale, generalmente poco imboschita ed eccellente, che ha dato il suo nome al "volo di parete". Il disegno della cresta "visto di sopra" è quello che è, con i suoi inconvenienti per il pilotaggio ed i suoi vantaggi per il distacco delle termiche.
In montagna sempre, nel nostro emisfero, le facce Nord, Nord-Ovest o Nord -Est, sono alimentate esclusivamente dinamicamente dal vento di gradiente (Mistral per esempio), mentre le facce Est, Sud, ed Ovest possono essere alimentate dal vento di gradiente e/o dalla brezza dovuta alla convezione diurna.
La combinazione di questi differenti parametri, crea sottili imperativi di sicurezza e di efficacia, necessitando adattare in continuazione il volo di pendio alle particolarità (orientamento), topografiche ed aerologiche di ciascun rilievo sfruttato.
Cominciamo dal più semplice, vale a dire l'esplorazione di una faccia Nord o Nord-Ovest: la Courbure de Lure, la Montagne de Gƒche o la Montagne de la Beaume, rilievi bene conosciuti dalla stragrande maggioranza nelle nostre Alpes du Sud, con situazione di Mistral di 15, 20 o 30 kt, anche più.
Le turbolenze sono forti, ma paradossalmente senza nessuna trappola. L'ascendenza è larga e potente, l'aggancio è assicurato a metà pendio ed a 3 o 4 m/s positivi e così la cresta arriva molto in fretta; nessuna necessita di "stringere" per salire. La velocità media indicata è nell'ordine dei 110, 120, 130 o 140 Km/h. La manovrabilità è eccellente. Gli spostamenti lungo il pendio si possono effettuare a 140 o 150 Km/h con una correzione di deriva nell'ordine di 10, 15 o 20°.
Se ci si muove sulla faccia Ovest del Cheval Blanc con lo stesso ritmo a primavera o in estate, si dovrà subire in più i colpi violenti della termodinamica. Ma la non si durerà per molto tempo, salvo con l'istruttore che, dopo un allontanamento verso la pianura, ritornerà volontariamente per mostrare al suo allievo le particolarità di questo tipo di volo.
Dal volo di pendio al volo di crestaCon brezze bene stabilizzate, da 12 a 15 kt, casi più frequenti dall'inizio della primavera alla fine dell'autunno, la maggior parte dei pendii, particolarmente nostri "punti chiave", sono facilmente esplorabili con i piaceri normalmente collegati a questo tipo di volo. Ma capita che le condizioni si impoveriscono al punto che diviene difficile restare in aria anche per un pilota con esperienza. Infatti se il vento di gradiente aumenta in generale con l'altitudine la brezza che, all'inverso, diminuisce con l'altitudine è a volte disturbata per questo vento di gradiente.
Come conseguenza di questa evoluzione, è l'aumento progressivo delle difficoltà, che noi andiamo analizzando il più finemente e profondamente possibile per mettere in evidenza le indispensabili conoscenze tecniche e la necessità di un pilotaggio preciso.
Bene inteso, è importante in questo caso essere in efficienza sul proprio campo di partenza o di un altro previsto per l'atterraggio. Noi lo ricordiamo qui. Tutte le strutture del Sud-Est in vicinanza di un rilievo dispongono di un "pendio scuola" in efficienza, permettendo così la formazione in doppio comando e l'allenamento come solisti.
La Rocher d'Authon, per esempio, che scegliamo per questa analisi, con una parete verticale e la sua forma a "cappello" sul punto culminante, prolungato a Sud-Est con la Montagne de Melan il cui profilo è il pendio naturale di un ammasso di detriti, che si presenta, per una lunghezza di tre chilometri di cresta più o meno regolare, con tutte le caratteristiche necessarie alla formazione di base.
Dall'insediamento della brezza c'é del volo di pendio come lo praticavano in altri tempi alla Montagne Noire ed altrove, quando il vento era "sul pendio" da quel momento la prova delle Cinque Ore. Nessuna difficoltà aerologica; basta fare delle andata e ritorno con una virata verso la pianura a ciascuna estremità del percorso. La sommità della cresta è 100 o 200 m. più bassa, l'ascendenza è larga ed omogenea; il più importante è di rispettare bene il percorso e di garantire la sicurezza con gli altri alianti in volo.
In queste condizioni, l'applicazione della "regola d'oro", vale a dire sforzarsi di arrivare al minimo di vicinanza dalla cima della cresta, permettere di assicurare ma sopratutto di valutare la qualità dell'aggancio in funzione dell'ora e delle condizioni del giorno. Dopo due o tre "otto" al distacco di una buona termica voi potrete spiralare e raggiungere il plafond per lo spostamento successivo.
Se le condizioni sono meno buone il volo di pendio si trasformerà in volo al di sopra della cresta, ma con il rilievo a immediata prossimità L'aggancio è ancora facile ma i problemi della precisione e della qualità del pilotaggio, limitano lo sfruttamento in "otto" appariscenti.
L'inclinazione è il parametro principale. E' lei che per una velocità di volo data determina il raggio di virata, vale a dire il controllo e la modalità della distanza orizzontale dalla cresta. Così comincia con una virata faccia al piano. Dopo i primi 180° voi siete in virata verso la cresta ma scostati all'incirca di un diametro. Il ritorno ad inclinazione nulla, quando voi convergete verso la cresta sotto un angolo vicino a 45°, è immediatamente seguito da un cambiamento del senso di virata, in cui l'inclinazione, modulata a domanda, vi permetterà di riprendere il volo lungo la cresta o la parete nella zona che voi avete scelto, alla distanza che vi conviene con la giusta correzione di deriva.
Se le condizioni si impoverissero ancora le vere difficoltà incominceranno. L'ascendenza del pendio sfruttabile nel piano orizzontale diventa inferiore al diametro di virata e ognuna di queste costa tutta od in parte della quota acquisita a ciascun passaggio lungo la cresta. Tuttavia se la brezzaèŠ flebile ma sufficientemente omogenea, è possibile recuperare l'altitudine perduta nelle virate e di mantenere il bilancio nullo.
In seguito diviene necessario individuare i punti che sono più favorevoli, i canaloni che "respirano" al meglio, per approfittare al massimo degli sbuffi ascendenti e perdere il meno possibile ad ogni virata. In questo momento le pareti verticali rocciose poco o niente boscose e surriscaldate, capaci di "fabbricare la propria brezza", sono molto migliori che un pendio naturale di detriti che non fa che utilizzare la brezza se è sufficiente...
La forma a "cappello" del punto culminante del Rocher d'Authon permette, nei momenti aerologicamente difficili, di collocarsi senza rischio nel prolungamento della verticale della parete, ed anche un po' al di là, prima dalle virate a ciascuna estremità e di limitare facilmente l'allontanamento verso il piano e la perdita di quota che ne risulta.
Infine - c'é l'ultimo stadio, per diverse ragioni: brezza perturbata per la tendenza del vento di gradiente, insolazione intermittente, sondaggio al limite della stabilità, ecc... - ed arriva che le condizioni diventano molto difficili, non solamente sul piano aerologico ma ugualmente sul piano del pilotaggio, con delle ascendenze irregolari e delle turbolenze d'intensità e frequenze variabili, con tutto ciò che questo comporta.
Cosi noi proviamo a rispondere alla doppia questione fondamentale nel volo di montagna: a quale velocità si deve volare, ed a quale distanza dalla montagna?
Ciò dipende dalla manovra in corso e dalle condizioni createsi per la combinazione delle condizioni aerologiche e topografiche.
Noi abbiamo già trattato il problema del vento forte, come il Mistral. Con il regime di brezza, in volo lungo il pendio o lungo la parete e nel migliore dei casi, il minimo è la velocità di massima efficienza e la distanza è dell'ordine di una o due aperture alari. Questa distanza varia in funzione del tracciato della cresta, che è evidentemente impossibile sfiorare perfettamente di cui certe irregolarità impongono a volte innanzitutto l'allontanamento e poi il riavvicinamento, quindi una messa in virata verso la cresta. La virata verso la cresta, potenzialmente critica, è sempre effettuata ad una velocità scelta e controllata ed a debole inclinazione, per compensarne un possibile aumento creato da una turbolenza. La virata verso il piano, al contrario, non ha altra costrizione per la velocità e l'inclinazione che quella dell'efficacia. Questi numerosi imperativi saranno fastidiosi e difficili da descrivere nel dettaglio ma sono, fortunatamente, facili a discriminare ed a dimostrare in volo. Si riassumono come di seguito.
Queste sono le condizioni che comandano ed indicano chiaramente ad un pilota normalmente formato la velocità necessaria in convergenza o in allontanamento, la distanza che conviene, l'altezza sufficiente al di sopra o al largo di una cresta per mantenersi e, appena possibile, impegnarsi senza rischio nel volo in spirale e riprendere il plafond.
Se voi "razzolate" a 90 km/h quando dovreste essere a 100 o 110 km/h voi siete in pericolo. Se voi volate a 100 o 110 km/h o troppo lontano quando si deve iniziare la partenza dagli "otto" al momento opportuno a 90 km/h, voi non aggancerete.
Bene inteso, quelle che sono le condizioni, sgradevolmente turbolente o apparentemente calme e facili, è impossibile escludere la possibilità di una severa turbolenza provocante uno sgancio o una inclinazione critica; si deve quindi costantemente tenere lo spirito e i riflessi in "guardia" tali come noi abbiamo descritto nel "vol a voile" di luglio-agosto 1993 (n. 54).
La diversità del rilievo permette, allora in una buona giornata senza discontinuità di insolazione e con una brezza regolare, di disporre a scelta di tutte le caratteristiche dell'aggancio, dal più facile al più difficile, che noi veniamo ad enumerare e l'esecuzione dei tre principali esercizi alla base dell'insegnamento del volo di montagna: - L'aggancio con "otto" e il passaggio in spirale.
- L'abitudine alla variazione di prospettiva del rilievo, particolarmente all'avvicinamento
alla cresta scelta per l'aggancio.
- Gli spostamenti previsti e le posizioni di ripiegamento possibili in caso di vento, di
abbassamento di pressione, nuvolosità ecc..., più forti del previsto.Per terminare, nel caso in cui la "regola d'oro" dell'arrivo alla cima della cresta non può essere applicata, ci fa dire una parola sui rischi presentati dai cavi d'acciaio di differente natura che si possono incontrare sui massicci montagnosi.
Più sono grossi meno sono pericolosi. I cavi fanno parte di installazioni permanenti: teleferiche, televagoni, alta tensione, ecc... sono materializzati dai piloni che li sostengono e talvolta dalla traccia disboscata sulla montagna. Se cercate di vedere il cavo, voi lo vedrete nella maggioranza dei casi.
Il vero pericolo, particolarmente nelle Alpes du Nord, sono i cavi di discesa dei boschi quando non sono in funzione. Generalmente sono unici, arruginiti, talvolta abbandonati da anni, vale a dire per niente materializzati e, anche con una eccellente vista, sono praticamente invisibili.
Di conseguenza i luoghi, fortunatamente molto rari, dove la topografia presenta una irregolarità naturale od artificiale, come per esempio una vecchia cava riconoscibile dal suo profilo squadrato, comportatevi come se il cavo si tenda ancora tra l'estremità superiore ed inferiore e "girate al largo".
Ricordiamo per concludere che nei periodi di punta delle vacanze volovelistiche nelle Alpes du Sud, si sono valutati più di 500 alianti in volo contemporaneamente. I più anziani di questi piloti conoscono i problemi che noi abbiamo segnalato e pensiamo che chi è arrivato prima aiuterà i più giovani a integrarsi armoniosamente nei voli in montagna.

Da VOL A VOILE magazine n. 58 mars/avril 1994

tradotto da Giancarlo Bresciani.


Pubblicato su Volo a Vela n. 226 set - ott 1994

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