Da un Volo a Vela del 1984... La storia non è cambiata... Una traduzione forse troppo "letterale", ma comprensibile, interessanti i commenti di Vittorio Colombo e di Walter Vergani.
G.B.
Questa magnifica
montagna e la sua trappola insidiosa
di Henry Combs
Una possibile spiegazione di alcuni inspiegabili incidenti su pendio.
Grazie a Niki Snider che si a premurato di farmi avere subito l'attenta traduzione dell'articolo che proponiamo ai nostri lettori, e grazie anche a Vittorio Colombo ed a Walter Vergani che hanno voluto commentare 1'interessante articolo apparso su Soaring.
E' un classico (ma purtroppo raro) esempio di fattiva collaborazione per portare a tutti i nostri volovelisti un richiamo affinché facciano tesoro dell'esperienza altrui (spesso anche molto dolorosa) ripassando con la mente le proprie esperienze a trarne le debite conclusioni.Se poi pensano di avere qualcosa da aggiungere tanto meglio. Le pagine di VOLO A VELA sono sempre disponibili. L.S.
P.S. Ricordiamo che la redazione di Como raccoglie abbonamenti alla rivista SOARING per gli abbonati di VOLO A VELA.
Quel sabato mattina del 26 maggio 1984 era particolarmente piacevole nella Antelope Valley a nord di Los Angeles in California. I preparativi per il nostro volo procedevano come molte altre volte durante l'anno. Eravamo tutti contenti ed entusiasti delle prospettive - Robert Nethercutt, Chet Lyman ed io non avevamo assolutamente idea di cosa avesse in serbo per noi questa fatale giornata. Chet era ansioso di partire per primo e ricercare le prime termiche della giornata. Spesso ci riferivamo a lui come il nostro "fiutatore". di termiche. Nei suo magnifico Phoebus A era in grado di lavorarsi anche le più deboli con sorprendente successo. Sua moglie, Violet, gli faceva da squadra e noi tutti lo aiutammo nei preparativi per il decollo. Si aggiustò per bene le cinture e le tirò ben strette. Iniziò il traino alle 10.36 dall'aeroporto di Crystalaire vicino Pearblossom e sganciò al normale punto di partenza lungo le San Gabriel Mountains. Alle 10.46 mi chiamò, dato che aspettavo a decollare, e disse che sul lato nord della montagna aveva 1 m/s a salire.
Iniziai il mio decollo alle 10.57 e venni trainato al medesimo punto dove sganciai. Non vidi II Phoebus di Chet da nessuna parte. Alcuni minuti più tardi la sua squadra da terra lo chiamò senza ricevere risposta. Non riuscivo a vederlo e pensai che avrebbe invece dovuto essere in vista. Quindi lo chiamai ancora senza ricevere risposta. Questo non era da Chet affatto.
Fu Così che un irresistibile presentimento mi fece ritornare al campo. Rientrando chiamai per radio e feci notare il problema.
II tempo di atterrare e già George Thomas era pronto con il traino per la ricerca. Presa una radio portatile, decollammo ed iniziammo una virata a sinistra verso la montagna. Come pensavo un invisibile richiamo ci stava guidando lungo una rotta quasi rettilinea sul luogo dell'incidente a 2000 m sul lato nord della montagna.
Là giacevano i contorti rottami di quel che era uno stupendo Phoebus A. II terreno era eccessivamente ripido ed era difficoltoso scorgere i dettagli tra i pini, cosi George ed io sorvolammo ripetutamente il luogo... quando durante un passaggio notammo un braccio agitarsi a noi! Potete immaginare la nostra emozione! La sola possibilità di recupero sarebbe stata un elicottero il quale era già stato chiamato alla vista del rottami.
II mezzo di salvataggio dello sceriffo della Contea di Los Angeles entrò in azione. Personale paramedico venne calato da piccoli elicotteri, quindi l'elicottero primario dl salvataggio, un Sikorsky S58 pilotato da Roger Peterson, eseguì l'esperto ed arduo recupero di Chet Lyman. Egli fu a bordo dell'elicottero circa due ore dopo l'incidente e venne direttamente trasportato al Centro. Medico dl Antelope Valley in Lancaster dove indugiò tra la vita e la morte per quattro settimane al reparto di rianimazione. II suo progresso è dovuto alle sue eccellenti condizioni fisiche precedenti l'incidente, al suo ben determinato spirito unito alle eccellenti cure mediche ricevute. Naturalmente la sua amorevole moglie e squadrista, Violet Lyman, fu sempre presente al suo fianco.
Posso contare differenti amici a conoscesti volovelisti che sono rimasti uccisi o seriamente feriti in incidenti di aliante avuti contro una montagna. Tutti fra loro erano dei bravi volovelisti. Perché ciò accadde loro? Commisero alla fine un errore? O può essere che la montagna tenda una trappola che porti qualsiasi aliante fuori controllo?
Io credo alla teoria delta trappola. La coincidenza può tenere il pilota al di fuori per lungo tempo, persino anni. Ma anni di volo con successo in montagna, sempre più vicino al pendio, conducono a false confidenze fin tanto che va bene, tranne quella volta che per coincidenza volate nella trappola delta montagna.
Questa trappola che la montagna prepara è invisibile e transitoria. In modo da visualizzare il fenomeno iniziamo con lo studio di una termica vigorosa là dove origina vicino la superficie sopra un terreno piatto come mostra la Fig. 1.
Un aliante che si avvicina alla termica spesso incontra forte discendenza poco prima di entrare nella termica. Tutti noi piloti abbiamo familiarità con questo fenomeno, e molti di noi hanno talvolta sperimentato una turbolenza tale da alzare un'ala sino quasi in posizione verticale, con la coda alta. Ciò accadeva nonostante venisse applicato tutto comando a correggere ed il recupero avveniva poi mediante una richiamata. Notate che più bassa è la quota questo fenomeno avviene maggiore sarà la differenza tra l'ascendenza sull'ala di sinistra a la discendenza su quella di destra, dovessimo noi volare sul bordo delta termica.
Questo può costituire una situazione mortale ed ha condotto alcuni dei migliori piloti a raccomandare di non usare queste termiche con meno 120 m di distanza e con una velocità sufficientemente alta da tener conto dell'effetto dello shear orizzontale sulla velocità indicata. Tutti quanti siamo stati istruiti sul pericolo nell'affrontare una termica a quota molto bassa. Questo addestramento unito al nostro desiderio di risparmiare la quota per meglio preparare il nostro atterraggio ha preservato la maggior parte di noi dall'esporsi a questa invisibile trappola posta vicino al suolo su terreno piatto.
Ma come fare quando si vola su un pendio in montagna quando vi sono termiche? C'è del resto tutta quella distanza, giusto 40, 60 m da un lato anche se la nostra ala opposta passa a pochi metri vicino a piante e rocce. Dopotutto basta semplicemente inclinare a valle e tirarsi via dal pendio ogni qualvolta venisse necessario, giusto?
Vero il più delle volte. Infatti questo funziona bene per anni ed anni al punto che arriviamo a credere questo tipo di volo essere pratica sicura. L'abbiamo fatto per volte e volte e non siamo ancora morti. Per coloro fra voi che ancora volano in questa maniera meglio prestare attenzione. Voi non avete ancora incontrato questa insolita insidiosa trappola della montagna, dove la turbolenza nascosta vi farà inclinare brutalmente verso la montagna con il muso del vostro aliante ben picchiato, sovrastando tutte le capacità di controllo dei comandi del vostro moderno aliante. Ciò significa che non possiamo più mettere in pratica la nostra buona intenzione di tirar via verso valle e siamo in trappola. Solo una sufficiente distanza dal terreno tale da permettere la rimessa ci risparmierà da un impatto ad alta velocità col terreno o da condizioni di stallo o vite incipiente.
Onde meglio apprezzare questa trappola sinistra della montagna possiamo rifare ed estendere l'analogia delle termiche originanti su terreno piano a compararle con quelle che spontaneamente si creano su un ripido pendio di montagna come illustrato in Fig. 2.
La situazione già di per se pericolosa che abbiamo visto in figura 1 su terreno di pianura diviene ancor più accentuata nella regione dove l'aria alimentante la base della termica viene risucchiata violentemente verso il basso per poi venire brutalmente innalzata verticalmente entro l'ascendente colonna delta termica. La condizione già pericolosa su terreno pianeggiante diviene fatale su un ripido pendio a monte delta base delta termica.Una buona parte degli odierni alianti possiede una capacità teorica di manovra tale che una termica di 2,5 m/s (o probabilmente anche meno) sotto un'ala eserciti una spinta maggiore di quanto noi si possa contrastare con gli alettoni, persino senza discendenza sull'ala opposta. Un assetto azzardato è conseguente: noi ci troveremo con la coda alta ed inclinati verticalmente verso la montagna a solo sufficiente distanza dal suolo ed una condotta esperta ci risparmierà la giornata!
Consideriamo le nostre probabilità nell'incontrare la trappola sinistra delta montagna:
1) deve esserci una forte e vigorosa termica in atto.
2) Dobbiamo volare entro la ben localizzata regione sul lato a monte della termica, dove la discendenza dell'aria alimentante la base delta termica è molto vicina all'aria che sale verticalmente all'interno delta termica. Le possibilità sono tali che volando ad una distanza pari ad una apertura alare (15 m) a sinistra o a destra sia sufficiente ad evitare il ribaltamento.
3) La termica è invisibile a se noi la attraversiamo, al di fuori della ben localizzata zona trappola, probabilmente ci autocompiaceremmo per averla cosi espertamente trovata. Ma se per caso entrassimo nella trappola pedestremente la montagna potrebbe averla vinta. Le probabilità di incontrare la trappola realmente sono piuttosto piccole per ogni singola occasione. Questo porta a falsa confidenza che io sospetto essere almeno parzialmente responsabile per una grande porzione dei così chiamati casi "inspiegati" di alianti caduti in montagna.
Raccomandazioni
1) Se le condizioni atmosferiche sono per termiche sul pendio, stare abbastanza lontani tanto da permettere la rimessa da un improvviso ed incontrollabile ribaltamento verso la montagna con ali verticali a coda alta.
2) Valutate, pianificate ed addestratevi sulla tecnica di rimessa che usereste dovesse la montagna tendere la sua trappola sinistra a voi. Io raccomando una manovra come segue onde uscirne con la minima perdita dl quota (vedere Fig. 3) .
Prima portare la barra avanti come immediata reazione, così da ridurre la possibilità di stallo e simultaneamente venir via dal pendio. Questa sarà una manovra a ridotto "g" o persino leggero "g" negativo. Quindi mentre il vostro fattore di carico e di conseguenza la vostra velocità di stallo sono ridotti dal nullo o leggermente negativo angolo d'incidenza, ruotate l'ala alta verso il basso mediante gli alettoni. Usate coordinatamente il timone di direzione durante questa manovra. Completate la rotazione quando ben orientati verso la valle.
3) Ricordate che la termica sarà più lavorabile ad una più alta quota sopra l'origine. In altre parole, scegliete una termica che sia "spuntata" più in basso il pendio della montagna. Se non ne esiste nessuna, tornate a casa e volate ancora un altro giorno.
4) Persino in giorni in cui non ci sono termiche e la sola possibilità di veleggiamento è di tipo dinamico lungo il pendio è dimostrato che l'effetto di rallentamento dovuto all'attrito del terreno con la massa d'aria in movimento lungo il pendio fa si che la miglior ascendenza venga a trovarsi lontano abbastanza dalla superficie tanto da essere esente da questo effetto di strato limite terrestre.
5) MORALE: quando volate date a quella montagna la sua distanza, ed apprezzerete la sua bellezza per sempre.
Il parere dell'esperto
Il 4 luglio 1984, durante una prova del campionato Europeo di Vinon, veniva dato un percorso di circa 500 km, con primo punto di virata l'aeroporto di Solliers, posto a Nord Est di Modane. Il taglio del traguardo di partenza avveniva assieme a Giorgio Galetto alle 14,10 circa. Con un volo molto veloce, arrivati al passo oltre il quale c'è la vallata di Modane, una forte discendenza, ci impedisce il passaggio, non ci resta che un rapido dietro front per almeno 20 km, poiché nel frattempo, essendo scesi sotto le linee di cresta, il vento molto forte ed allineato con l'asse delta vallata, non permetteva lo stacco di una ascendenza, creando solo delle discendenze che non accennavano a diminuire, pertanto decidiamo un atterraggio nei pressi del camping di Les Alberts (Briançon), con ancora 300 m di margine, ecco finalmente il primo costoncino messo decisamente di traverso all'asse del vento, l'aria diventa leggermente portante, lasciando presagire un rinforzo in dinamica per poi tramutarsi in termica negli strati superiori, come in effetti è avvenuto in seguito, permettendo ad un altro concorrente, nelle vicinanze, di concludere il percorso.
Dopo una serie di otto per sfruttare la dinamica molto vicina al costone, un forte botto mi solleva l'ala destra, il variometro segna + 2,5 + 3 m/sec, un rapido piede a cloche a destra verso la valle, a penso fra me, "questa non la mollo" e stringo molto, a circa mezzo giro inserisco il flap termica, ma ecco improvvisamente l'ascendenza si tramuta in discendenza, la coda si alza e l'ala interna si inclina, la componente di vento mi spinge verso le piante, (in questa configurazione di volo, viene di molto facilitato lo shear orizzontale), spingo sulla cloche ulteriormente picchiando, ma l'aliante è ingovernabile, con l'ala destra prendo la cima di un pino e in un attimo mi trovo nel bosco. Per la meccanica dell'incidente, ritengo importante leggere con molta attenzione l'articolo che appare sulla rivista a proposito di questi incidenti, poiché il problema a stato sicuramente centrato, anche se non sono pienamente d'accordo sulla manovra consigliata per uscire da questa situazione, io penso che tale manovra è positiva solo quando avviene in volo rettilineo a non in spirale, perché quando passi da aria con forte ascendenza a discendenza, l'aliante è in una configurazione tale da richiedere più spazio per la manovra di rimessa.
Secondo, se avessi raddrizzato per invertire, sarei finito dritto contro la montagna.
Nel mio caso, penso di imputare la colpa a due fattori:
1° nervosismo dovuto alla costrizione di ripiegare a ritroso per 20 km dopo un veloce volo;
2° forse non avere mantenuto la giusta distanza di sicurezza in funzione del vento che doveva spingermi verso il costone.
Quando, alzando gli occhi verso il cielo, ho visto sopra l'aliante di Giorgio Galetto ho sospirato di sollievo, in quanto la sue presenza mi ha dato la certezza di poter essere soccorso celermente.
Quando Giorgio dopo l'atterraggio nei pressi a venuto per portarmi soccorso, era pallidissimo a ho pensato che lui più di me aveva bisogno di assistenza, grazie Giorgio!
Colgo inoltre l'occasione per ringraziare tutti coloro che mi hanno soccorso e che mi hanno prestato assistenza sia all'ospedale che nel centro di rieducazione. Ringrazio anche tutti i volovelisti italiani e stranieri che mi sono stati vicini in un momento cosi particolare con le loro visite, telefonate a scritti.
Dalla finestra dell'ospedale, posto in un magnifico belvedere, non mancavo di vedere nei giorni a seguire alianti che solcavano il cielo ogni giorno, ed io anche se fisicamente ero sdraiato in un letto, col cuore a la mente ero con loro. Un giorno ne ho visto uno molto basso, ed io mentalmente penavo a faticavo con lui per riprendere quota. Ad un certo punto decide di atterrare ed io penso " povero disgraziato, so quello che provi...."
Dopo circa mezz'ora, con un viso travolto e madido di sudore, si presenta in camera un amico volovelista "il Bob" che non era altro che quel povero disgraziato.
Vittorio Colombo
Il parere di chi la sa lunga
Scavino mi ha pregato di dare un'occhiata all'articolo in questione a di scrivere le mie impressioni.
Sono certamente d'accordo che volare in montagna voglia dire guardarsi da queste ed altre trappole e con quello che l'articolista dice circa i movimenti di colonne d'aria nei pressi dei pendii; sono però propenso ad usare la parole trappola per indicare fenomeni improvvisi e non conosciuti che abbiano, appunto, come fattore primario la sorpresa.
Mi sembra ora che questa caratteristica venga a mancare nei casi descritti. Tutti abbiamo sperimentato come spesso 1'ascendenza sia staccata dal costone e come certe volte, per salire, sia meglio lavorare un po' meno attaccati al pendio. Tutti siamo qualche volta stati messi in assetti non voluti da rotori (aria che si muove con andamento a ricciolo) e tutti conoscono la turbolenza - neanche eccessiva - dell'ascendenza termica di sottovento, quando cioè il vento è in opposizione al sole.
Tuttavia queste non sono trappole, ma fenomeni ben conosciuti da un pilota normalmente esperto, che prende le sue precauzioni, che in genere sono poi una sola: volare correttamente con 10 km/h in più sull'anemometro.
Infatti i1 caso citato dall'articolista prevede una ascendenza robusta, ma allo stesso tempo separata in modo netto dall'aria circostante e tale quindi da provocare forze asimmetriche su una semiala rispetto all'altra, o sui timoni rispetto alle ali, capaci di modificare 1'assetto dell'aliante e di metterlo in picchiata.
Francamente, in trent'anni di volo a vela in montagna non mi sono mai imbattuto in trappole del genere, e voglio sperare che questa trappola non esista ma sia solo un modo di spiegare come l'amico dell'articolista abbia potuto essere buttato sul costone senza pensare che forse c'e stato un errore di pilotaggio.
I1 più frequente di questi errori a quello di volare troppo lenti. Poiché a bassa velocità la macchina risponde più lentamente ai nostri comandi (ed ai nostri desideri), ecco che spesso la si gratifica di qualche scarpata o di qualche strattonata all'alettone interno, per buttare l'aliante nel cuore dell'ascendenza.
Questa manovra è classica per entrare in vite.
Spesso il vento non è ortogonale al pendio e ci si ritrova a sfruttare quelle piccole ascendenze, incapaci di contenere un aliante, che vengono originate dalle coste che movimentano il pendio e che scendono dalla cima verso valle: pericolose perché hanno un lato portante a l'altro no.
Comunque il mio consiglio è questo: 1°) automatizzare il volare corretto, cioè pallina e filo di lana in centro sempre, anche quando si cerca o si centra l'ascendenza; 2°) volare sempre sul costone a 95-100 ed anche, in presenza di turbolenza, 110 km/h. A questo punto si può anche volare abbastanza vicini al costone.
Walter Vergani