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"…ET SILENTER DELEO"

GLI ALIANTISTI MILITARI ITALIANI DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

------ di Gabriele Taddei ------

L'autore di questa interessante ricerca è nato a Firenze nel 1976, si è laureato in storia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia della sua città nel luglio del 2002. L'11 giugno del 2000, memorabile giornata di vento e pioggia degna del miglior quadro di William Turner, ha conseguito il brevetto di pilota d'aliante presso l'Aero Club Volovelistico del Mugello di cui oggi è membro. Nell'estate del 2001, insieme a tre suoi compagni di corso, ha acquistato un Ka 6 Cr immatricolato in Germania nel 1967. Sinceramente animato dalla inconfutabile convinzione che il Ka 6 sia il miglior mezzo volante mai costruito dall'uomo, superiore, a suo dire, a qualsivoglia Nimbus (sebbene effettivamente egli non abbia mai volato su alcuna macchina con meno di venti anni di onorato servizio sul groppone), è talvolta legato ed imbavagliato dai suoi tre soci che non trovano altro modo per strappargli il vecchietto e usufruire del loro sacrosanto diritto al volo. Un'altra insana e morbosa passione agita il suo giovane animo di volovelista: quella per la stretta valle di San Godenzo dove, con metodica sistematicità, ogni giornata volabile che il meteo gli offre, si trova ad eseguire imbarazzanti "bassini", razzolando nel sottobosco come neppure il miglior cercatore di funghi della zona saprebbe fare.


1 Il periodo prebellico: tra disinteresse ed originali proposte

Nel corso degli anni Trenta, l'Italia poteva vantare un rilevante quanto precoce sviluppo della pratica volovelistica reso possibile soprattutto grazie all'appoggio offerto dal regime alla formazione ed all'inquadramento di gruppi giovanili ed universitari. Pur tuttavia, ogni esperienza era stata finalizzata non tanto alla diffusione in sé del volo silenzioso come disciplina sportiva, quanto alla selezione dei giovani più promettenti e capaci in vista di un loro ingresso nelle file della Regia Aeronautica quali piloti militari. Esattamente questo era l'obiettivo demandato alla scuola velica di Pavullo del Frignano, fondata nel 1926 dopo che il ten. Nannini, tra i primi volovelisti nazionali, aveva intuito il grande valore didattico di questa disciplina. Erano così gli stessi enti che organizzavano la diffusione del volo a vela a ritenere quest'ultimo una pratica transitoria, una mera esperienza propedeutica, un'attività dalla quale, coloro che si fossero distinti, sarebbero stati presto allontanati in favore del volo a motore. L'incapacità concettuale di attribuire al volo a vela un'autonoma dignità impedì alla Regia Aeronautica l'avvio di una seria riflessione relativa ad un possibile utilizzo militare dell'aliante: quest'ultimo infatti era un semplice surrogato dell'aereo, uno strumento economico col quale saggiare le capacità dei suoi aspiranti piloti. Ben pochi, in Italia, si immaginavano che "il senza motore" avrebbe di lì a breve recitato un ruolo centrale tanto come mezzo d'assalto, quanto come mezzo di trasporto tattico. Un articolo a firma di Vittorio Bonomi -Presidente della Commissione Centrale di Volo a Vela- nel quale si teorizzava un possibile impiego bellico dell'aliante era apparso, il 6 dicembre del 1934, non su una pubblicazione ufficiale della Regia, ma sulla "Gazzetta dello Sport" a conferma del totale disinteresse di Superaereo per l'argomento.

Vittorio Bonomi ripreso a Ciampino il 26 settembre 1933

Vittorio Bonomi ripreso a Ciampino il 26 settembre 1933

Lo stesso Bonomi si dette negli anni successivi allo studio di macchine e tecniche d'impiego senza però che lo Stato Maggiore dimostrasse una qualche attenzione a riguardo; notevole la proposta di evitare il traino aereo agganciando l'aliante con montanti rigidi direttamente al dorso dell'aereo a motore secondo il modello che sarebbe stato in seguito applicato sui Mistel tedeschi da bombardamento. Un disegno di questa combinazione comparve in un breve articolo, il cui autore si limitò ad identificarsi con la sigla P.F.B., senza che questa venisse sciolta altrove, pubblicato su "Cronache di Guerra" n° 36 del settembre1940.

Il disegno dello "Startplano Bonomi-Silva" che correda l'articolo
apparso sul numero di Cronache di Guerra del settembre 1940


La notizia relativa all'ingegnoso connubio, chiamato con un nome realmente poco littorio, "Startplano Bonomi-Silva", è affiancata alla menzione di un altro velivolo, questo sì dal nome sinceramente romano, ancorché del tutto risibile: "Pedaliante Bonomi-Bossi". Il nostro misterioso P.F.B. assicura che i due velivoli sarebbero entrambi stati costruiti presso gli stabilimenti aeronautici di Cantù senza però precisare quale forma, impiego e funzione potesse avere un "pedaliante"! Muto a riguardo del nostro imbarazzante "aliante a pedali" rimane anche un successivo breve quanto insulso articolo dal titolo "Il Volo a Vela come mezzo di guerra", a firma di Ugo Maraldi, comparso sulla stessa rivista nel gennaio 1941: lungi dall'affrontare il tema del possibile utilizzo dell'aliante per scopi bellici -come il titolo farebbe giustamente supporre-, l'autore fornisce sgangherate informazioni circa le tecniche di veleggiamento, dimostrando unicamente tutta la propria incompetenza a riguardo. Del resto "Cronache di Guerra" è un giornale di propaganda di cui il regime si serve per dimostrare la preparazione bellica italiana e la cui attendibilità, un lettore del XXI sec. se ne accorgerà subito, è realmente scarsa. Possiamo dunque affermare che la notizia dell'effettiva realizzazione del progetto Bonomi-Silva, ed ancor più del misterioso "aliante ciclistico" Bonomi-Bossi, è un dato da tenere nella giusta considerazione qualora non venga considerato assolutamente inattendibile. Così, mentre in Germania veniva istituito il DFS, Deutschen Forschungsinstitut fuer Segelflug (Istituto tedesco di Ricerca per il Volo a Vela), incaricato dello studio di velivoli senza motore tanto per scopi sportivi quanto, e soprattutto, per possibili impieghi bellici, in Italia nulla di concreto veniva realizzato.

Vigna di Valle 1934: campeggio nazionale di Volo a Vela

2 La costituzione del 1° Nucleo Addestramento Volo Senza Motore

Se sul finire del decennio 1930-40 lo Stato Maggiore dell'Aeronautica non aveva ancora preso in seria considerazione l'eventualità di costituire reparti aliantistici, soltanto le mirabolanti imprese degli aliantisti della Luftwaffe, ad Eben Emael prima ed a Creta poi, scossero i vertici della Regia dal loro torpore. Del resto l'esigenza di conquistare la roccaforte di Malta, impresa per la quale era in corso d'addestramento la nuova divisione paracadutisti "Folgore", rendeva il possibile utilizzo di una componente aliantistica da parte delle nostre Forze Armate assai probabile.
Ma la scarsa attenzione dimostrata fino a quel momento da Superaereo non mancò di avere le sue nefaste conseguenze: quando nell'autunno del '42, con evidente ritardo, lo Stato Maggiore bandì un concorso per 250 allievi piloti aliantisti riservato a possessori di brevetto "C" già in servizio presso la Regia Aeronautica, soltanto una decina di volontari si presentò all'aeroporto di Cameri sede del costituendo 1° Nucleo Addestramento Volo Senza Motore, il cui comando era stato affidato al ten. coll. Adolfo Contoli, già volovelista istruttore a Pavullo. Non che nelle fila della Regia mancassero giovani piloti già in possesso del "C"[nota1..Molti fra quanti si avvicinarono al volo a vela nel periodo prebellico ebbero la ventura di imbattersi in alianti libratori dalle scarsissime qualità di veleggiamento, portati in volo per lo più mediante lancio con elastico, e rigorosamente monoposto. Con macchine così rudimentali (un tipico esempio di siffatti libratori è rappresentato dal famoso Zoegling) non solo l'apprendimento pratico risultava essere necessariamente autodidattico, ma ogni capacità di sostenersi in volo oltre il tempo minimo di planata era dimostrazione di un'abilità aviatoria realmente notevole. Era così possibile conseguire tre diversi tipi di licenze: l'attestato "A" veniva ottenuto allorché, dopo un lancio aeroelastico a 50 m. di quota, si dimostrava la propria capacità di eseguire una virata a destra ed una a sinistra, entrambe di 90°; l'attestato "B" spettava ai piloti che fossero stati lanciati con elastico ad una quota di 100 m., eseguendo una virata di 180°, un otto ed una spirale con atterraggio in un rettangolo prefissato di 50 x 100 m., il brevetto "C" richiedeva invece la capacità di decollare al traino di un aereo, di sapersi sostenere per almeno 5' al di sopra della quota di sgancio ed infine di sapere eseguire una scivolata d'ala a destra ed una a sinistra. Ogni licenza aveva il rispettivo emblema: un albatros bianco in campo azzurro per l'attestato "A", due albatros per il "B", e tre per il brevetto"C". Avendo il progresso tecnico delle costruzioni aeronautiche ed il miglioramento delle conoscenze meteorologiche reso del tutto anacronistici i suddeti requisiti (un qualunque allievo alle prime armi, in una giornata volovelisticamente accettabile, è in grado di veleggiare per ben più 5'!), sopravvive oggi un solo tipo di brevetto che, chiamato "C" fino alle recenti riforme, è ora semplicemente identificato come "licenza di pilota d'aliante". Peraltro la vecchia nomenclatura è in qualche modo ancora presente, laddove ogni pilota di aliante che abbia dimostrato di saper compiere un percorso di almeno 50 Km, un guadagno di quota di almeno 1.000 m. ed una permanenza in volo di 5 ore può fregiarsi di quello che viene tutt'oggi chiamato "C d'argento", cui segue il "C d'oro" (300 Km e 3.000 m. di guadagno) ed i tre diamanti" (il primo conquistato con un 300 Km prefissato, il secondo con un volo di 500 Km ed il terzo con 5.000 m. di guadagno di quota).]; anzi, sia detto per inciso che molti volovelisti, militando nei ranghi della caccia, sarebbero figurati tra i migliori assi della nostra Aeronautica; per citarne solo alcuni Franco Lucchini, che con 21 vittorie è oggi considerato il terzo abbattitore della Regia[nota 2..Nato a Roma nel '14, Lucchini conquista il suo brevetto di aliante all'età di diciotto anni dopo essere uscito illeso da un incidente che, evidentemente, non incide sulla sua passione per il volo. Divenuto sottotenente pilota di complemento della Regia, partecipa alla guerra di Spagna dove, prima di essere abbattuto e cadere prigioniero, conquista quattro vittorie. Rientrato in Italia compie, in seno al 4° Stormo, armato su Fiat CR 42, un primo ciclo di operazioni in Africa settentrionale. A Partire dal '41, su Macchi C. 200, è impegnato nei cieli di Malta; quindi, nel marzo '42, promosso capitano ed assegnato al comando dell'84a Sq. del 10° Gr., partecipa, su C. 202, all'ultima offensiva italiana che si concluderà ad El Alamein. Dopo una lunga convalescenza successiva ad un ferimento in duello aereo, nel marzo '43 assume il comando dell'intero 10° Gr. ormai impegnato nella difesa del territorio nazionale. Cade il 5 luglio del '43 contrastando con il suo C. 205 una formazione di Fortezze Volanti B 17. A 28 anni, dopo 295 missioni e 70 combattimenti aerei, Lucchini vanta 21 vittorie aeree, potendo così essere considerato uno dei migliori piloti della caccia italiana nel corso del conflitto. Alla sua memoria, nel 1952, è conferita la MO. Cfr. A. DUMA, Quelli del Cavallino Rampante. Storia del 4° Stormo caccia I dalle origini all'8 settembre 1943, Roma 1981.] ,

Franco Lucchini

Giuseppe Cenni, comandante del 5° Stormo, caduto in combattimento a bordo di un Re 2002 nei cieli di Sicilia durante lo sbarco anglo-americano

Giuseppe Cenni [nota 3..Nato a Casola Valsenio, nei pressi di Imola, nel 1915, Cenni si diploma capomastro in una scuola superiore per l'edilizia di Parma. Un suo non ignoto compagno di scuola, Adriano Mantelli, lo convince a frequentare insieme a lui la scuola volovelistica di Pavullo e quindi a seguirlo nei ranghi della Regia Aeronautica in cui Cenni si arruola come sottotenente pilota di complemento. Assegnato al 1° St. C.T., partecipa alla guerra civile spagnola, dove viene fatto prigioniero. Rientrato in Italia ottiene il passaggio al servizio permanente effettivo. Divenuto Istruttore di volo alla Scuola Caccia di Castiglione del Lago, viene nuovamente destinato ad un reparto operativo, la 365a Sq. su FIAT G 50. Selezionato per frequentare un corso di addestramento in Germania sullo Junkers Ju 87 Stuka, Cenni passa dalla caccia alla nuova specialità del Bombardamento a Tuffo. Col grado di tenente, ottiene il comando della 239a con la quale partecipa ad un ciclo di operazioni in Africa settentrionale nella primavera del '41. Nel maggio del '42 ottiene il comando del 102° Gruppo partecipando agli scontri aeronavali di mezzo agosto. Promosso maggiore per meriti di guerra diviene il comandante di tutto il 5° Stormo B.a T. che cessa l'attività sugli Stuka per adottare il nuovo picchiatello italiano Reggiane Re 2002, in realtà un caccia intercettore convertito al ruolo di tuffatore. Un velivolo non amato da Cenni e sul quale cadrà il 4 settembre '43 abbattuto da uno Spitfire sui cieli di Reggio Calabria nella delicata fase della richiamata successiva allo sgancio dell'ordigno. La carriera, e la vita, del giovane Cenni si concludevano con sette vittorie nei cieli spagnoli, una croce di ferro tedesca di 2a classe, due promozioni per meriti di guerra, una MOVM e sei MAVM. Cfr. A. EMILIANI, Un "tuffatore" della Regia Aeronautica in "Storia militare" 19 (1995) pp. 28-33]


e MOVM , Luigi Caneppele, MAVM, meglio noto come "Gigi tre osei"

Luigi Caneppele, al centro con la feluca goliardica, in posa con
alcuni amici del Centro Volo a Vela del Politecnico di Milano

proprio a ragione dell'abitudine di fregiarsi del vecchio brevetto di volovelista, divenuto poi lo stemma del 150° Gruppo Caccia Terrestre, stemma che sopravvive tutt'oggi anche se così fortemente stilizzato da non tradire più alcuna parentela con i tre bei vecchi "osei" dei volovelisti [nota 4..La storia di Caneppele meriterebbe più di un breve accenno: nato nel 1923 a Lavarone (TN), iscrittosi alla facoltà di Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Milano, entrò a far parte del Centro Studi Esperienze di Volo a Vela fondato da Liberato De Amici, un suo collega di studi che sarebbe di lì a poco deceduto, nel maggio 1936, in un incidente di volo. Selezionato per le Olimpiadi di Berlino del 1936, vi stabilì il record italiano di durata con un volo di 6 h. e 20'. Laureatosi in Ingegneria in quello stesso anno, si arruolò come ufficiale di complemento nella Regia Aeronautica brevettandosi pilota militare e venendo assegnato al 150° Gr. C.T. Scoppiata la guerra, Caneppele, trasferito al 13° Gr. C.T., fu impegnato sul fronte libico ottenendo una prima MAVM. Rientrato in Italia nella primavera del '41, Caneppele commise una leggerezza che avrebbe potuto segnare la sua carriera: evidentemente annoiato dai monotoni voli lontano dal fronte, il giovane volovelista eseguì un passaggio basso che si concluse… con la recisione di una serie di fili elettrici e la "scassata" dell'aereo. I provvedimenti disciplinari non si fecero attendere ed il Nostro fu trasferito dalla specialità Caccia alla ben meno blasonata Ricognizione Marittima. Le ripetitive incombenze di questo ruolo non andavano certo a genio al focoso Caneppele che, quando vide transitare sul proprio campo il suo vecchio 150° Gr., in volo di trasferimento verso la Libia, si sostituì, senza alcuna autorizzazione ufficiale, ad uno dei cacciatori colto da malattia: una vera "diserzione verso il fronte" che permise al giovane trentino di tornare a combattere su agili monoposto. Il bravo Caneppele sarebbe caduto prima che la "grana" della sua improvvisa fuga dalla Ricognizione Marittima potesse esplodere: il primo febbraio del 1942, ai comandi di un trimotore S. M. 81, veniva abbattuto durante un volo di collegamento. Alla memoria gli veniva concessa la seconda MAVM ufficializzando, a posteriori, la sua militanza nel 150 ° Gr. C.T. Cfr. G. MASSIMELLO, Gigi tre Osei in "Storia Militare" 64 (1999) pp. 53-57 e F. PAGLIANO, Aviatori Italiani, Milano 1969, pp.29-34].


Il fatto è che quanti possedevano un brevetto "C", militando nella Caccia o nel Bombardamento Terrestre, non subirono affatto il fascino della nascente specialità del Volo Senza Motore: essendo sempre stati portati a ritenere il volo a vela come un'attività aviatoria propedeutica, nessuno di questi piloti considerò appetibile tuffarsi nell'avventura dell'aliantismo militare, avventura non solo dall'incerto futuro ma, ai loro occhi, dall' "appeal" assai limitato.

Estate 1940, Luigi Caneppele, ormai s.ten. della RA, posa seduto
sul carrello di un Macchi C. 200 della 384 Sq. del 157 Gr.Aut. C.T.


La Regia dovette così limitare le proprie aspettative: agli inizi dell'inverno del '42 un nuovo bando per allievi piloti aliantisti richiedeva il possesso del solo attestato "B". Se, grazie alle nuove adesioni, fu possibile dar vita a due distinti corsi, l' "Aquila" ed il "Borea", molti dei nuovi allievi, lungi dal provenire dal ruolo naviganti, risultarono essere giovanissimi non ancora maggiorenni obbligati a presentarsi alle selezioni dotati delle autorizzazioni dei rispettivi genitori, non sempre, anzi assai raramente, risultate originali. Non a caso giovanissimi: è evidente come molti di questi ragazzi considerassero il 1° Nucleo Addestramento Volo Senza Motore come la semplice occasione per conquistare un brevetto e volare...armieri, montatori, avieri di manovra, tutti giovanissimi e tutti desiderosi di garantirsi l'ultima possibilità per diventare piloti. Un evento illumina infatti lo spirito di questi ragazzi: allorché il Nucleo Addestramento emanò una dichiarazione che recitava "la qualifica di pilota militare d'aliante comporta l'accettazione dell'esecuzione di atti guerreschi di estremo rischio"[nota 5..  G. GRANDE, Gli aliantisti militari italiani nel secondo conflitto mondiale in "Storia Militare" 67 (1999) p.15] molti di loro richiesero l'allontanamento dalla specialità. Quei giovani, insomma, o erano stati spinti ad aderire alla nuova arma dall'illusione di poter presto transitare, in qualità di personale navigante, da questa alle altre specialità a motore, illusione infranta da quella dichiarazione che li vincolava al nascente aliantismo militare, o, al contrario, avevano confuso il Nucleo Addestramento per uno dei numerosi e spensierati gruppi studenteschi che negli anni precedenti al conflitto si erano lanciati dalle pendici del Sisemol.

Il Sisemol (Gallio)

Come la Regia Aeronautica non aveva considerato, fino a poco tempo prima, il volo a vela una pratica facilmente convertibile a scopi bellici, così quei giovani detentori di attestato "B" o non avevano compreso che la loro passione per il volo silenzioso li avrebbe spinti direttamente in mezzo ad un campo di battaglia o non avevano sospettato che non sarebbero transitati ad altra specialità a motore ma avrebbero combattuto proprio in qualità di aliantisti.
Per quanti rimasero al Nucleo le amarezze non sarebbero mancate: infatti, se il corso "Aquila", dove per altro erano confluiti i pochi brevettati "C", riuscì a svolgere una qualche attività aviatoria prima del sopraggiungere dei mesi invernali, il corso "Borea" fu costretto a terra finendo per 'dilettarsi' quasi unicamente in snervanti attività di marcia.
La preparazione aliantistica dei ragazzi dell' "Aquila", che intanto grazie alla fantasia dell'allievo Aldo Nesi avevano composto il motto di cui fregiarsi: "…et silenter deleo"[nota 6..…e silenziosamente distruggo], seguì per altro un iter alquanto insolito: si iniziò infatti addestrando gli allievi al volo a motore su degli Avia FL 3!

Un AVIA FL 3 del 1° NAVSM pronto per un volo
scuola sul campo di Cameri nel febbraio '43

 

Una bella foto di un AVIA FL 3 2/JG

Ancora una volta la Regia dimostrava di non riuscire ad attribuire al volo a vela un'autonoma dignità distinta e non assimilabile a quella del volo a motore. Conseguito il Brevetto civile di 1° grado, gli allievi dell' "Aquila" proseguirono addestrandosi al volo planato impiegando ancora una volta degli FL 3 che, privati dell'elica, si diceva avessero un comportamento assai simile (e l'affermazione non può che sconcertare) a quello degli alianti d'assalto tedeschi di cui i futuri reparti operativi sarebbero stati equipaggiati secondo gli accordi che una delegazione italiana presso le ditte germaniche stava stipulando. Mentre il "Borea" rimaneva al palo, i ragazzi dell' "Aquila" procedevano nel loro addestramento arrivando ad impiegare alianti sportivi modello CAT 28 BP, CVV 1 Asiago, CVV 2 Asiago e CVV 5 Papero.

CAT 28 BP

 

C.V.V. 2 Asiago

 

Aliante CVV 5 Papero immatricolato I-BIAL presso il
NAVSM; sullo sfondo Caproni Ca 133


L'eterogeneità della flotta del 1° NAVSM è più che evidente; per di più i biposto CAT 28 PB, sebbene ottimi, venivano considerati velivoli dal pilotaggio delicato e non troppo intuitivo tanto che gli allievi, che pure non lamenteranno su questo tipo di macchina nessun incidente, lo rinominarono presto "il Boia". Nella primavera del '43 la DGCA provvedeva così all'ordine di due prototipi degli alianti scuola biposto proposti dallo studio tecnico Queirolo-Farina, il QMF 1, e dall'Aeronautica Lombarda, AL 2 al fine di procedere ad una comparazione che, atta all'identificazione del tipo definitivo da adottare, non verrà mai eseguita a causa del sopraggiungere dell'armistizio.
In quella stessa primavera del '43, spostato il NAVSM sull'aeroporto di Orio al Serio, gli allievi dell' "Aquila" potevano già vantare qualche volo su alianti d'assalto DFS 230 e Gotha 242.

Un DFS 230 ed un Gotha 242 in carico al NAVSM. La livrea e le insegne
sono ancora quelle proprie della Luftwaffe dal momento che
la Regia Aeronautica non ha concluso il pagamento dei mezzi

 

DFS 230 e Gotha 242. Due più chiare
foto di esemplari della Luftwaffe


L'acquisto da parte della Regia di questi mezzi tedeschi ebbe un risvolto che definirei, nessuno s'offenda, tipicamente "partenopeo"...anche se, almeno questa volta, gli attori recitarono a parti invertite. Inviata in Germania, nel maggio del '42, una Commissione composta dal ten. col. G.A.r.i. Sergio Stefanutti, dal cap. pil. Erminio Bertelli, dal s.ten. pil. Cesari Gallieni jr. e dal com.te Francis Lombardi, questa iniziava trattative per l'acquisto, o la riproduzione su licenza, dei velivoli tedeschi nel frattempo testati in volo da Franco Benato e Paolo Moci. L'accordo si concretizzava nell'ordine di due stock di DFS 230 per un totale di 110 alianti e di 4 Gotha Go 242. Le consegne si avviarono solo il 21 aprile del '43 quando Benato, al traino di un Ca 133, con un lunghissimo volo di
trasferimento,

Un aliante DFS 230 del NAVSM al traino di un Caproni Ca 133


conduceva un DFS 230 direttamente dalla Germania fino a Orio al Serio con sosta tecnica a Pisa San Giusto. Cominciava così l'arrivo dei primi 10 DFS e dei 4 Go 242 cui si aggiungeranno altri 10 DFS inviati il 21 maggio, assai più comodamente, tramite ferrovia. Ma ecco il colpo di scena: i vertici della Regia scoprirono che il prezzo concordato, e del quale era già stato pagato un pesante acconto del 50%, era più che doppio rispetto a quello alla quale la Luftwaffe acquistava i propri velivoli...il pagamento s'interruppe immediatamente, le procedure burocratiche anche...e gli alianti consegnati finirono per trovarsi in una situazione giuridica alquanto imbarazzante: in carico ad un reparto italiano, di proprietà e con codici tedeschi. Si rida quanto si vuole dell'accaduto ma non si dica che questo fu un caso isolato: la Luftwaffe era riuscita a vendere alla Regia come nuovi Do 217 J soltanto revisionati ed a far credere che il Me 110 C fosse,

Un Dornier Do 217 J-1 della 235 Sq. Caccia Notturna. Lo stemma
sotto la cabina riproduce molto appropriatamente un leone con un
occhio chiuso ed uno aperto sormontato dall'eloquente motto
"nec in somno quies" (neanche nel sonno v'è riposo)

 

Messerschmitt Bf 110 C-3 della 235 Sq. Caccia Notturna a Lonate Pozzolo nella
primavera del '43. Il pilota in posa col cagnolino è il cap. Aramis Ammannato

nel '42 inoltrato, una versione ancora in produzione: evidentemente questi spiacevoli precedenti avevano reso un po' più smaliziati gli alti papaveri della Regia, ormai ben poco disposti a farsi gabbare dai camerati tedeschi.

Do 217 J e Me 110 C in volo


al terzo capitolo

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