KRONFELD ON
GLIDING AND SOARING The story of motorless human flight
By
Robert KronfeldTradotto dall'inglese da Giancarlo Bresciani
Capitolo II
LA STORIA DEL VOLO VELEGGIATO
Le leggende riguardanti il volo ci portano ai lontani inizi della storia. I miti di tutte le religioni ci dicono che prima che l'uomo arrivasse sulla terra gli dei immortali esistevano da tempo immemorabile. Angeli alati come loro messaggeri. E dei alati popolavamo assieme terra e cielo. La razza umana si sentiva così inevitabilmente incatenata alla terra si potrebbe supporre solo suddita dell'essere divino potente abbastanza per volare libero dalla irresistibile forza di gravità.
Dall'inizio l'uomo ha desiderato ardentemente di volare. Questa aspirazione è simbolizzata dagli esseri simili ad un dio rivestiti con eteree guarnizioni alate che noi troviamo come oggetti di culto nella religione di diverse comunità umane. Queste rappresentano il primo desiderio umano ; solo più tardi ha osato immaginare che un giorno avrebbe potuto volare anche lui.
A Babilonia un'opera d'arte prodotta più di quattromila anni fa, ci mostra di un certo Etana che cercava di salire in paradiso andando a cercare l'aiuto del dio sole. Portato in volo da un'aquila guardò giù e vide l'intera umanità intenta nelle faccende quotidiane. Nel Talmud e nella affascinante Notti Arabe gli uomini si muovono nell'aria con cavalli alati e tappeti volanti ; i miti degli indiani d'America hanno leggende di eroi che si vestono della pelle di un grande uccello e volano sopra la terra. Le tribù del Sud America ed i negri d'Africa hanno storie popolari simili.
Sopra tutto nel Nord Europa Teutonico abbiamo diverse forme della leggenda di Wieland, il fabbro, che si fece ali di piume d'uccello per fuggire dalla prigionia, mentre le saghe Finniche raccontano di un altro prodigioso fabbro che modellò una aquila di acciaio. "Affidatosi alle ali ;
Sulla groppa di un uccello seduto.
Quindi velocemente pilotò la leggiadra aquila,
Il più maestoso di tutti gli uccelli del paradiso."
Il più grande generale dell'antichità è anche rappresentato nelle opere d'arte e nelle leggende in volo, per Alessandro il Grande si dice che abbia avuto il carro bardato con due dragoni alati. Il suo auriga dondolava davanti ai loro occhi come una carcassa di un animale macellato, fissato ad un lungo palo, così che il re poteva guidare la sua insolita pariglia spostando l'esca.
Poi abbiamo la leggenda greca di Dedalo e di suo figlio. Icaro, che Virgilio ed Ovidio hanno rinarrato in Roma. Al fine di fuggire da Minosse, re di Creta, che l'aveva imprigionato nel labirinto che aveva costruito per il despota, Dedalo modellò le ali di uccello per lui e suo figlio. Ma inebriato dal piacere del volo. Icaro volò troppo vicino al sole, il calore del quale fuse la cera che fissava le ali con le sue spalle, e così precipitò in mare. I greci ci hanno dato anche Phoebus Apollo, con cavalli alati che tiravano il suo carro, Perseo che calzò i sandali alati di Hermes, e Bellerophon col suo cavallo alato, Pegaso.
Nelle nostre regioni nordiche le Valchirie volano con dei destrieri alati, e più tardi le streghe medioevali con scope volanti.
Ma non dobbiamo attardarci in questo affascinante regno di mito e di saga, con le sue infinite leggende, per i racconti della recente storia del volo esigo la vostra attenzione.
Duemila e trecento anni sono passati da quando Archytas di Tarentum, un pupillo dell'immortale Pitagora, costruì un uccello artificiale. Più tardi, nelle cronache inglesi si trova una relazione di un tentativo di volo, che deve essere stato fatto circa nel tempo in cui Roma fu fondata. Un potente governatore, fratello di re Lear, alle prese veramente con problemi reali, costruì un dirigibile portatile e riuscì a veleggiare sopra la sua capitale, Trinovantum. Ma un giorno ne perse il controllo e precipitò sopra il tempio, perdendo la vita.
Lo stesso destino accadde al grande stregone, Simon Magus, non contento della propria fama, avido di onori divini nel tentativo di superare tutti gli altri esseri umani. Proprio occupato di convincere l'imperatore Nerone della sua missione Olimpica proclamando che sarebbe salito lui stesso su in paradiso dall'anfiteatro Romano davanti alla folla. Tutta Roma si accalcò per questo insolito spettacolo, e come l'apocrifa leggenda ci ha riportato, Simone volò con un dragone alato con l'aiuto dei demoni. Ma San Pietro scese dal paradiso per pregare e lo spirito demoniaco si paralizzò. Lo stregone cadde, ed il suo sangue schizzò la veste dell'imperatore.
Un monaco benedettino inglese si ispirò alla descrizione di Ovidio sul volo di Icaro e costruì una macchina volante con la quale fece diversi esperimenti. In uno di questi saltò da una torre, aiutato e sostenuto da un forte vento di fronte che soffiava in quel momento, e dovette fare un vero volo di circa cento piedi prima di cadere e rompersi tutte le ossa. Nel dodicesimo secolo Costantinopoli fu lo scenario di un simile tentativo ; un Saraceno desiderò di provare un bianco mantello donatogli da uno stregone che lui aveva irrigidito con stecche di salice stagionate e salì su di una torre da dove si riproponeva di volare sull'ippodromo. Ma anche lui cadde sfracellandosi. Forse il più grande genio tra i primi sperimentatori fu Leonardo da Vinci , il famoso pittore, scultore ed ingegnere, che fece seri tentativi scientifici per risolvere il problema del volo circa nel 1488 quando costruì un paio di ali rigide modellate come le membrane di un pipistrello. Fece dei calcoli matematici e numerosi schizzi per dimostrare le sue idee sulla possibilità di veleggiare nel vento, ma come finì sospettato di stregoneria non osò continuare gli esperimenti in pubblico. Conseguentemente queste intelligenti ricerche, che sotto più favorevoli circostanze avrebbero potuto essere le basi per lo sviluppo del volo, furono abbandonate.
Se noi vogliamo credere alle vecchie cronache, Dante di Perugia, il matematico, fu il primo a costruire una vera macchina volante. Lui fece sperimenti con questa sopra il lago Trasimeno, dove spesso accadeva che rimanesse in aria per periodi considerevoli. Al banchetto di nozze di un famoso generale, veleggiò sopra la principale piazza della città, dove la folla lo applaudì entusiasticamente. "Improvvisamente il ferro col quale governava le sue ali si ruppe ; Dante cadde sopra il tetto della chiesa di San Mauro e si spezzò le gambe.".
E', naturalmente, non facile separare in queste storie il nocciolo della verità dal cumulo di celie quale una fiorita immaginazione gli ha appiccicato. Non c'è da meravigliarsi che il popolo che ha assistito ai primi tentativi di volo ha riportato, per mezzo di tali sorprendenti spettacoli sacrificali, attraverso una immaginazione poetica, una accurata relazione dei fatti. Ma oggi, quando spesso si vedono alianti capaci di portare l'uomo, che li ha messi insieme da stecche e strani pezzi di legno assemblati con carta o materiali economici, diventa più facile credere a queste storie.
Ma la fantasia ha il suo legittimo posto nel mondo. Il poeta è il guardiano, che sovrintende una nuova idea, così che non possa morire. Egli alimenta di vita la mortale cenere dello spirito umano sino a quando ha creato una fiamma nella quale la conoscenza tecnica può forgiare scoperte e progresso.
Dalla leggenda di Simon Magus si è sviluppata la Saga di Magus, col suo fantastico volo a Roma. Noi anche vediamo nel Dr. Faustus del Medio Evo un'altra personificazione dell'uomo che cercò di arrivare alla strada aerea per il cielo. Ma molto tempo ha dovuto trascorrere prima che l'aspirazione divenisse realtà.
Il Faust di Goethe si rivolse al tramonto del sole come segue : "Lo splendore si ritira, è compiuto il giorno del tributo ;
Laggiù vede, nuovi campi di vita esplorante.
Ah, che non ala può farmi salire dal suolo,
Sul suo sentiero seguire, seguire volando in alto !
Allora potrei vedere eterna Sera dorata
Il silente mondo sotto di me ardente,
In fuoco ogni picco di montagna, con ordine ogni valle empita,
Dal ruscello d'argento ai dorati fiumi fluenti.
La catena montuosa, con tutte le sue gole profonde,
Potrei dunque non più ostacolato nel mio divino movimento ;
Ed ora innanzi i miei occhi spaziano l'oceano
Con tutte le sue baie, in splendete quiete !
Ma, alla fine, lo stanco dio è tramontante ;
Un rinato impulso incendia il mio spirito,-
Mi affretto, i suoi raggi eterni inebrianti,
Il giorno di fronte a me e la notte alle spalle,
Sopra di me cielo aperto, pavimento d'onde sotto di me.-
Un magnifico sogno ! Quantunque ora gli splendori svaniscono.
Ahimè ! Le ali che salgono dal pensiero non aiutano
Di ali per sollevare il corpo possono legarmi.
Però in ogni animo è nato il piacere
Di più alto struggimento, oltre e lontano,
Quando sopra le nostre teste, persa nella volta azzurra,
L'allodola manda il suo vibrante motivo,
Quando sopra i picchi e boscose alte terre
La maestosa aquila lentamente si libra,
E sopra le pianure e laghi ed isole
la gru veleggia per altre spiagge."
Non sembra questo poema il disperato pianto dell'umanità dopo migliaia di anni di paziente attesa ? Ma un secolo dopo questo si poteva scrivere che l'uomo vola. Il sogno dei poeti è diventato realtà, e la realtà era pura poesia.
Il rapido, febbrile, passo in avanti fu seguito da una reazione. Per circa duecento anni non sappiamo di ulteriori tentativi per volare. Sembra, tuttavia, che l'uomo stesse solo aspettando tempi più maturi, ed il successivo entrare in questo campo di operatività era il consapevole prodotto del suo tempo, forse anche in anticipo su questo.
" Sir George Cayley può essere sufficientemente considerato come la sorgente delle nostre conoscenze nella scienza aerodinamica." Così dice Bernard Weiss nel suo ottimo libro, Gliding and Soaring Flight. Cayley ha riconosciuto che soprattutto mancava per volare la conoscenza delle forze in gioco nell'aria in movimento. Ha fatto il primo sforzo per capire e rappresentare gli elementari principi del volo matematicamente. Costruì un aliante con una superficie di trecento piedi quadrati con cui si avvicinò ai nostri moderni principi di stabilità e di governo in diversi aspetti. Per dirlo con le sue parole, "Quando chiunque corre con la sua massima velocità, viene avvantaggiato da una leggera brezza in fronte, dovrebbe sostenersi così più fortemente tento da permettergli più scarsamente di toccare la terra, e dovrebbe frequentemente salire in alto e unitamente spostarsi per diverse iarde." Nell'anno 1810 pubblicò le sue ricerche in un libro scritto in simile comprensivo spirito ed è il primo che realmente ha fatto un trattato scientifico su questo argomento. In questo lavoro lui si dimostra un secolo avanti rispetto al suo tempo. Avere avuto più attenta considerazione in ciò, il mondo probabilmente avrebbe raggiunto il volo una generazione prima, pensa Weiss.
Cayley non ha avuto in realtà successo nel volo. L'onore del primo volo autentico è del Capitano francese Le Bris, un vecchio orso di mare che navigò parecchio nei mari tropicali, dove osservava con ammirazione il volo dei grandi uccelli marini, specialmente l'albatro con la sua apertura alare che frequentemente superava i venti piedi da una estremità all'altra.
L'albatro artificiale che Le Bris costruì aveva una apertura di quarantacinque piedi e pesava poco più di cento libbre. Il volatile stava in piedi, e Le Bris aveva avuto cura di riprodurre ingrandito il suo uccello in dimensione e peso corrispondenti proporzionatamente a quelle dell'originale. L'apparecchio era sospeso ad un carrello, che era tirato velocemente contro vento da un cavallo, ma in una occasione quando l'uccello si staccò dal suo carrello e veleggiò in aria la sua corda di lancio cominciò ad attorcigliarsi intorno al collo del terrorizzato conducente e lo trascinò con lui. In questo stato Le Bris salì più di trecentocinquanta piedi sopra le teste dei contadini che lo stavano osservando.
In dispetto alla rottura di una gamba subita nella caduta, Le Bris si rifiutò di abbandonare i suoi sperimenti. Nel 1867 costruì un altro albatro, per il quale usò un nuovo sistema di lancio, consistente in una fune agganciata sotto a modo di una specie di cappio dal quale l'imitazione dell'uccello oscillava nell'aria come un pendolo. Con un artifizio aveva escogitato come stabilizzare il suo apparato oscillante contro vento, mentre al momento opportuno egli premeva su di una leva che agiva sull'attacco liberando per iniziare il volo veleggiato. Sfortunatamente questo intrepido aviatore tenne il suo metodo segreto, così che andò perso per i posteri.
Nel 1864 un francese di nome d'Esterno costruì una macchina volante che era anche questa il risultato di una esperienza maturata da un accurato studio di diversi anni sugli uccelli.
Ma il suo lavoro è insignificante se comparato a quello del suo collega e compatriota, Mouillard, il cui nome era quasi sconosciuto durante la sua vita in dispetto al fatto che dedicò circa trent'anni ai problemi del volo. Dopo la sua morte, tuttavia, una completa raccolta delle sue note, schizzi e progetti furono ritrovati in una cantina del Consolato Francese al Cairo, mentre il suo lavoro, L'Impero dell'Aria, mostra una larga competenza sul volo degli uccelli che studiò dalla sua residenza algerina e più tardi in Egitto.
Egli osservò il volo dei grandi veleggiatori dell'aria, quali l'avvoltoio e l'aquila, mentre sul mare il suo entusiasmo fu risvegliato dagli albatri e dalle fregate. Osservò le abitudini di tutti gli uccelli e le annotò scrupolosamente, una materia che gli ha dato particolari argomenti avendo intuito che le aquile e gli avvoltoi volavano solo quando la velocità del vento non superava le ventisei miglia all'ora ed invariabilmente cercavano riparo se le correnti d'aria raggiungevano una velocità più alta. D'altro canto le lunghe strette ali degli aggraziati uccelli marini, come gli albatri e le fregate, possono volare in violente tempeste con una velocità del vento di più di cinquanta miglia all'ora. Ispirato da questi fatti, Mouillard fece esperimenti, con grandi, aperture, superfici alari e velocità, non omettendo di interrogarsi sulle funzioni delle piume di coda, su cui moltissimi precedenti sperimentatori avevano indagato ma poco scoperto.
Mouillard costruì quattro macchine, la terza era formata di due tavole a cui erano attaccate nervature di legno di agave che si irradiavano come le dita aperte di una mano umana. Il tessuto disteso attraverso queste ali formava un senza coda che assumeva più o meno la forma di un aquila ad ali dispiegate. Il pilota stava dritto in questo apparecchio, tenendosi forte con entrambe le mani a robuste cinghie attaccate sotto le ali. Questo aliante pesava solo trentatré libbre.
Sebbene Mouillard eseguì i suoi sperimenti in una solitaria fattoria in Algeria si trovò esposto al ridicolo dei suoi famigli sino a quando escogitò di mandare tutti i sui membri lontano ogni volta che portava fuori le sue imitazioni di uccelli dal nascondiglio in cui le teneva. Inizialmente Mouillard decollò da una sola leggera altezza, ma più tardi provò il desiderio di sfidare la sua fortuna in una più forte brezza. Quando lo fece, tuttavia, fu preso da una raffica, scagliato per aria trenta piedi e portato indietro centotrenta piedi. Che poi lo fece cadere all'improvviso, così che fu lanciato in alto all'indietro, e spaventato lasciò le ali, che si schiantarono frantumandosi. Prese atto della brutta fine dei suoi esperimenti così tanto accoratamente da abbandonare tutti gli ulteriori sforzi.
La più importante cosa relativa al suo lavoro fu il suo entusiasmo, che fu di gran lunga superiore a quello visto in ogni suo predecessore. I fratelli Wright che furono ispirati dalle sue parole, che li stimolarono per lo sforzo che alla fine portò al successo. Dissero :
" Crediamo fermamente che nel volo, la salita deve essere fatta solo attraverso l'ingegno dominando la forza del vento. Il controllo in ogni direzione è il risultato di studiate manovre così accurate che l'uomo realizza con un veleggiatore cosa che non potrebbe la potenza di un qualsiasi motore, in un moderato vento, così come contro vento, sale nell'aria e si muove in questa come desidera."