Dopo la nebbia
Quanta nebbia ci mangiamo in Val Padana durante i lunghi mesi
invernali, la bella stagione non sembra mai arrivare, quest'anno oltre alle
consuete giornate di novembre e dicembre, anche febbraio, tradizionalmente con
una atmosfera molto più viva, continuava invece giorni su giorni a lasciarci
immersi nel grigiore più assoluto. Venerdì scorso, ne avevamo oramai 14,
qualcosa finalmente sembrava cambiare, l'alta pressione che sino a quel momento
aveva dominato incontrastata, dava i suoi segni di cedimento, la nebbia se ne
era quindi andata, abbiamo rivisto l'azzurro del cielo ed un orizzonte un po'
diverso dai soliti cento, trecento metri di visibilità. Era tornata la voglia
di respirare a pieni polmoni, gustando anche se per poco quelle belle ore di
luce così intensa. Già alla sera comunque il cielo aveva cominciato a coprirsi
gradatamente, prima con striature di cirri, poi in maniera sempre più
consistente, sino a trovarci con un vento freddo che spirava tendenzialmente da
ovest. Il giorno dopo sabato, la copertura, a fasi alterne continuava ad
intensificarsi, tanto che intorno alle otto di sera hanno incominciato a cadere
le prime gocce di pioggia. Al ché mi sono detto che all'indomani sarebbe stata
la solita giornata schifo, forse a tal punto da non consentirci neanche di fare
la solita passeggiata a Borgo. Con Filippo e Claudio Tura ci eravamo sentiti ed
eravamo rimasti d'accordo che ci saremo poi telefonati la mattina di domenica
per decidere solo all'ultimo momento sul da farsi tanto era incerta la giornata
che si prospettava. Intanto qui a Ferrara l'acqua continuava a cadere, con una
intensità sempre maggiore assumendo i connotati di veri e propri rovesci
sparsi, con tanto di tuoni che risuonavano non tanto lontani. Ho guardato
l'orologio, ed essendo circa le dieci e trenta, ho pensato che non era poi così
tardi e ne ho approfittato per fare un salutino a Paolo Stella. - Sono in
autostrada tra Genova e Milano, io e mia moglie siamo andati a mangiare il
pesce ed ora stiamo tornando, qui c'è una stellata fantastica e spira un bel
vento da nord ovest - mi ha subito detto Paolo da buon volovelista dopo i primi
convenevoli... - Qui piove a dirotto - gli ho risposto, poi abbiamo parlato
d'altro, mentre io avevo già incominciato a pensare che forse all'indomani...
Finita la telefonata, ho dato istintivamente un'occhiata alle cose dell'aliante
che d'inverno tengo a casa : ELT, batteria, paracadute macchina fotografica
ecc., tutta l'attrezzatura più o meno necessaria che noi piloti di volo a vela
curiamo, spesso con una attenzione pressoché maniacale. Poi contrariamente alle
mie abitudini invernali, sono andato a letto ad una ora decente... La mattina
dopo, svegliatomi in maniera quasi automatica all'ora giusta, subito mi sono
reso conto che dalla luce che filtrava dalla finestra, c'era qualche cosa di
diverso, infatti il cielo e l'aria avevano i connotati di quella che poi quasi
sempre sfocia in una bella giornata di volo. Ma era poi vero ? Il sedici
febbraio è un po' prestino, ma chi se frega, ho pensato. Devo andare e se poi
la giornata non verrà fuori vorrà dire che avrò montato l'aliante per niente,
intanto, male che vada, mi passo un'altra giornata all'aria aperta. L'ASW24 è
angarato qui all'AVF, cosa devo fare ? Devo andarlo a prendere e portarlo a
Borgo per volare da là e poi tornare alla sera, sempre con il carrello al
traino, dato che sto ancora facendo un po' di manutenzione ed ho bisogno di
avere il tutto qui a casa. - Diventa una faticata inutile -, mi sono detto, poi
se a Borgo è piovuto come qui, mica riusciamo a decollare, poi l'esperienza mi
dice che in una situazione di questo tipo, facilmente là c'era vento dal
quadrante nord... e poi la voglia di fare un volo in pianura, la mia vecchia
patria, era grande. Ho telefonato a Filippo, dicendogli che sarei rimasto a
Ferrara e avrei provato un voletto in pianura.
Ho caricato armi e bagagli in macchina e via di corsa all'aeroporto, soliti
preparativi, chiacchiere con gli altri piloti, ho montato, ed in mare di fango
e pozzanghere, ho portato l'aliante in linea intanto i primi cumuli erano
apparsi in direzione sud. Poco prima di mezzogiorno, sono decollato al traino
di Marcello, dopo lo sgancio prudentemente ho saggiato queste prime
condensazioni non poi così entusiasmanti con delle salite un po' sul fiacco, il
terreno era troppo bagnato, comunque sembrava che la cosa cominciasse a
funzionare, ho studiato dove tiravano i cumuli, quanto duravano ed ho stimato
un plafond intorno ai 1200 - 1300 metri, ma nonostante tutto essendo il primo
volo della stagione mi sentivo sufficientemente soddisfatto e motivato e così
in questa prima fase pur non riuscendo a raggiungere grandi quote, ho
incominciato a spostarmi verso sud. Tranquillo, sgranocchiando un po' di pane,
ascoltavo i messaggi di chi mi aveva seguito in volo, curioso di carpire la
personalità dei vari piloti in base a come interpretavano la giornata. Intanto
gradatamente e senza voler strafare, ma con un intento segreto, continuavo ad
avvicinarmi alla pedemontana raggiungendola in questa mia rotta verso sud, ad
est di Bologna. I cumuli non erano distribuiti uniformemente, ed ancora più ad
est della mia posizione si notava la solita corona di cumuli che al limite del
sereno avevano i connotati di essere molto meno attivi. In fondo a questa larga
fascia blu si intravedeva il mare. Fortunatamente invece verso l'interno della
collina i cumuli avevano una base abbastanza piatta ed invitante e netti si
stagliavano nel blu del cielo. Come immaginavo, i valori di salita ed il
plafond stesso divenivano man mano più interessanti tali da farmi capire che
avrei potuto raggiungere la mia meta. Ma ancora non avevo inserito nel GPS il
mio punto, quasi per scaramanzia e per non esserne condizionato, preferendo
invece navigare a vista scambiando informazioni per radio con gli amici di
Ferrara che mi davano dei riferimenti che io invero poco conoscevo, anche se
qualche cosa pur vedendola da una angolazione per me inconsueta, non mi
sembrava poi tanto sconosciuta. A questo punto, come aprendo una busta con la
risposta all'arcano, ho inserito sul display Borgo San Lorenzo ed infatti ero a
soli 17 chilometri da dove mi ero riproposto di andare... Vento in coda ce ne
era a volontà ed in un attimo mi sono trovato sul passo del Giogo e giù ho
visto il familiare Mugello. Già ripetutamente avevo provato a chiamare gli
amici di Borgo, ma neanche la biga sembrava essere attiva. Erano sicuramente
fermi sia a causa del campo molle che del forte vento che spirava da nord,
rendendo certamente problematica e non tranquilla ogni attività di volo.
Intanto io però là c'ero arrivato, sino a quel punto era stata una vera e
propria passeggiata, ma ero consapevole che era finita la fase facile del
volo... Comunque l'idea di atterrare, non mi era balenata neanche per un
attimo, ero andato là per tornare altrimenti che volo sarebbe stato ? Ho voluto
comunque addentrarmi oltre il Giogo, nonostante sapessi che sarei finito in
sottovento. Ma subito dopo il passo, il mio risveglio è stato un po' più brusco
del previsto, infatti scendevo a fondo scala in una sensazione di vero vuoto:
in fuga, dopo un inevitabile e repentino dietro front, picchiando il più
possibile ho riguadagnato di corsa ed a fatica il versante nord est, non senza
aver perso in quel batter d'occhio ben 500 metri di quota. Ricordando una frase
di Michel Trial, mi sono detto : - Qui comincia la parte più
"tecnica" del volo. - e fidando nelle condizioni trovate all'andata
ho cercato con la massima determinazione i punti dove a soli 1100 metri ho poi
riagganciato. Ero dentro la valle di Firenzuola che è una sorta di catino
inaterrabile e qui non si dovevano fare errori. Con delle "lecche"
incredibili non senza fatica sfruttando quel mezzo caos che là c'era, sono
risalito sino a 1600. Ritornato loquace, per radio ho dato a chi da Ferrara mi
stava ascoltando, notizie sulla mia posizione. Naturalmente non era finita e
studiando bene per evitare, per quanto possibile, gli altri sottovento lungo il
percorso di ritorno e con un vento contrario di oltre 30 km/h, sempre
consapevole delle scelte che effettuavo, via via riguadagnavo, la strada di
casa. In questa rotta, tre sono le linee di cresta che in una orografia
abbastanza articolata, sbarrano la strada. Comunque sono riuscito a ritornare
in pianura, dove inizialmente avevo messo sul GPS il campo di Ozzano, come
punto di riporto, e che avrebbe potuto anche diventare il punto di atterraggio.
Ad ogni modo fidavo in alcune condensazioni che verso nord in pianura ancora si
stavano formando seppur in una situazione che andava gradatamente spegnendosi,
e così continuavo ad avanzare. Le valutazioni che contavano erano quelle di
accettare o meno i valori che andavo incontrando sulla mia rotta, questo
ovviamente per non perdere troppo tempo e trovarmi poi senza ascendenze e senza
la quota per tornare a casa. Così tra queste considerazioni sono arrivato sotto
un cumulo che rispetto alla mia quota di quel momento appariva molto alto.
Bisognava capire dove "passava" la termica, centrandola, ero ad una
decina di chilometri a sud di Ozzano e se qui, mi dicevo, faccio quota, ho la
planata per casa. Laggiù c'è un paesino, ho pensato, la direzione del vento è
questa, ho quindi modificato leggermente le mia rotta e la mia aspettativa non
è stata tradita, ho impattato in un metrino bello calmo tranquillo ed ho
rincominciato a salire, ho cambiato punto sul GPS ed ho verificato di essere a
47 chilometri dalla meta. Con un vento contrario in quel punto di circa 20 km/h
per arrivare avrei dovuto fare almeno 1600 metri. Un breve conto mentale: dieci
minuti di attesa in salita... non senza un qualche momento un po' così quando
la termica sembrava abbandonarmi prima del tempo. Qualche aggiustamento di
spirale ed il metrino sembrava tenere, anche lo scarroccio era molto relativo,
la forza ascensionale riusciva a fare abbastanza muro nel letto del vento.
L'ultimo cricco sull'altimetro, avevo la planata a zero e fidando in un altro
qualche cosa lungo il tragitto e vedendo là lontano, quasi all'orizzonte, il
mio punto di partenza e che ora sentivo veramente anche di arrivo, ho iniziato
la planata che mi ha riportato a Ferrara. Lungo questo percorso ho sfruttato,
come mi aspettavo, alcune fasce portanti e qualche giro in un solo mezzo
metrino incontrato, mi hanno fatto arrivare sulla verticale della sede AVF con
ancora 400 metri. Anche se sono stati solo poco più di 180 km, è stato un volo
entusiasmante, per le difficoltà incontrate, per la visibilità e per aver
sfruttato (mi auguro al meglio) quello che la giornata offriva. Per essere il
16 febbraio è stato un vero e proprio regalo!
Giancarlo Bresciani